GEODI – UNINT

Memorandum UE-Tunisia. L’esternalizzazione europea un anno dopo l’accordo

Nel luglio 2023, l’UE e la Tunisia hanno siglato un Memorandum basato su cinque punti: la stabilità macroeconomica, il commercio e gli investimenti, la transizione energetica verde, i rapporti tra i popoli e la migrazione.

Seppur con uno strumento di soft law, l’accordo si caratterizza per un rinnovato utilizzo della politica di esternalizzazione da parte dell’Unione europea. A tal proposito, ricordiamo il caso di esternalizzazione promosso nel 2016 nell’iniziativa “Dialogo UE-Turchia” (che ha visto il coinvolgimento diretto dell’UE) e il “Memorandum of Understanding” del 2017 tra Italia e Libia. Quest’ultimo, però, ha visto una partecipazione indiretta di Bruxelles, che ha lasciato all’Italia la possibilità di instaurare un dialogo con Tripoli e provare a mettere in sicurezza quel versante meridionale del Mediterraneo, caratterizzato, in quel periodo, da un numero elevato di migranti diretti in Europa.

Procedendo in chiave comparata tra le casistiche citate (con particolare riferimento alle due nelle quali l’UE è stata presente in prima linea), possiamo vedere un cambiamento nella strategia applicata e nella ratio che ha ispirato questi accordi. 

Nel caso del 2016, l’intervento unionale seguiva due specifiche ragioni. La prima inerente ad una necessità geografico-migratoria. La guerra civile siriana aveva spinto tantissimi Siriani a lasciare il proprio Paese per raggiungere l’Europa. In tal caso, la direzione da seguire era quella che dalla Turchia portava alla Grecia. Per questa ragione, Atene si era trovata da sola a fronteggiare un elevato numero di profughi che hanno messo in seria difficoltà la tenuta del Paese in termini di contenimento dei centri di accoglienza. La seconda, invece, relativa alla difesa dell’ordine pubblico e della sicurezza unionale e dei singoli Stati membri. Il più grande timore si collegava alla minaccia terroristica e alla possibilità che soggetti collegati all’ISIS potessero raggiungere le coste europee, confondendosi tra coloro che per ragioni di sopravvivenza lasciavano Damasco e dintorni.

L’accordo con Ankara prevedeva l’impegno turco ad ospitare i Siriani che lasciavano il Paese, in cambio di un aiuto economico-finanziario europeo nel sostentamento di questi individui presenti all’interno di campi specifici nei quali venivano mantenuti i servizi essenziali (dal nutrimento, all’istruzione). 

Il quadro dietro il dialogo con Tunisi, invece, parte da presupposti differenti. Nonostante la minaccia terroristica oggi risulti assopita, ma non doma, l’interesse nel Memorandum del 2023 si concentra su alcuni punti diversi che permettono a questo accordo di segnare un nuovo capitolo nella breve, ma intensa storia dell’esternalizzazione europea. 

Il primo di natura migratoria. La Tunisia, negli anni, è diventato il territorio più “caldo” in termini di partenze di migranti, diventando un hub che raccoglie un bacino di partenti non solo di origine nazionale, ma anche, e soprattutto, dall’Africa subsahariana (in particolare, provenienti dal Mali e dalla Costa d’Avorio). 

Il secondo è di interesse geopolitico, un genere di interesse che per quanto sempre presente per uno Stato o per l’UE è diventato ancor più presente e pressante nell’attuale contesto internazionale, specie in seguito alla guerra russo-ucraina. Nello specifico, il Memorandum rappresenta un’occasione per porre un dialogo diretto e più forte (rispetto a quello italo-libico) perché vede la partecipazione diretta di Bruxelles e con un Paese che ancora fatica ad uscire da una situazione di crisi istituzionale, economica e sociale e che potrebbe causare un effetto traino negativo per l’intera regione del Nord Africa. 

Infine, il Memorandum soddisfa il già richiamato interesse geopolitico. Viviamo, oggi, in un contesto di minacce liquide, acuite dalla presenza e dall’esponenziale aumento della pericolosità delle guerre ibride. Su quest’ultimo punto, il controllo e la gestione dei flussi migratori potrebbero rappresentare un’arma sfruttabile da parte di chi, come Cina e soprattutto Russia, è presente in Africa e ha interesse ad indebolire l’UE e l’Europa. 

Ritornando all’aspetto migratorio, questa rinnovata forma di esternalizzazione potrebbe rappresentare anche un laboratorio per scoprire se questa strategia giuridica e politica sia in grado di affrontare con successo una migrazione che ha dismesso i panni di fenomeno internazionale (tra gli Stati) in favore di quello transnazionale, ovvero oltre gli Stati e i loro confini. 

 A cura di Vanni Nicolì – PhD Student presso UNINT

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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