Trump e la spinosa risoluzione dei conflitti Russia-Ucraina e Israele-Hamas
- 10 Novembre 2024
Il 5 novembre il candidato Repubblicano Donald Trump si è aggiudicato la corsa alla Casa Bianca per diventare il quarantasettesimo Presidente degli Usa. Le differenze programmatiche rispetto all’attuale presidenza democratica sono varie, ma come si sostanzierà la politica estera americana una volta che Trump avrà dato inizio al suo mandato? Donald Trump, nel delineare il suo approccio ai conflitti tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas, ha più volte messo l’accento su una strategia di mediazione diretta e su una rapida soluzione diplomatica, senza tuttavia sbilanciarsi sul metodo.
Riguardo il conflitto in Ucraina, ha più volte affermato che potrebbe porre fine al conflitto Russia-Ucraina «entro 24 ore» con una serie di negoziati intensi, sfruttando i suoi rapporti personali con Vladimir Putin e altri leader mondiali. Inoltre, ha criticato il volume di aiuti militari concessi dagli Stati Uniti all’Ucraina, sostenendo che tale supporto potrebbe essere riconsiderato per stimolare entrambe le parti a negoziare.
Una recente proposta proveniente dall’ufficio di Trump suggerisce che l’Ucraina rinunci a entrare nella NATO per un periodo di almeno 20 anni. In cambio, gli Stati Uniti continuerebbero a inviare armi a Kiev, con l’obiettivo di scoraggiare future aggressioni russe. Questa soluzione punta a soddisfare la richiesta principale della Russia; evitare un’ulteriore espansione della NATO ai suoi confini, senza abbandonare del tutto l’Ucraina dal punto di vista militare. Questo approccio richiederebbe, tuttavia, un compromesso da entrambe le parti: l’Ucraina dovrebbe rinunciare temporaneamente alle sue ambizioni euro-atlantiche, mentre la Russia dovrebbe accettare una situazione di congelamento del conflitto. Ciò comporterebbe una sospensione della linea del fronte attuale, trasformandola in una zona demilitarizzata. Entrambe le parti accetterebbero di mantenere le posizioni senza ulteriore avanzamento, garantendo una stabilità temporanea. Non è chiaro chi si occuperebbe della sorveglianza della linea di confine. Tuttavia, si esclude la presenza di truppe statunitensi o di contingenti sotto l’egida di organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, per evitare un ulteriore coinvolgimento degli Stati Uniti o spese aggiuntive.
Alcuni consiglieri della prima era Trump, tra cui Keith Kellogg e Fred Fleitz, hanno suggerito una strategia che potrebbe coinvolgere la riduzione degli aiuti militari per spingere l’Ucraina a sedersi al tavolo delle trattative. Secondo questa proposta, le forniture di armi verrebbero temporaneamente sospese finché l’Ucraina non accetti di negoziare con la Russia. Questo piano lascerebbe a Kiev la possibilità di riprendere i territori contesi attraverso negoziati piuttosto che con azioni militari. Tuttavia, bloccare il supporto militare potrebbe rendere l’Ucraina più vulnerabile, aspetto che solleva preoccupazioni riguardo alla sostenibilità e all’equità della proposta.
Tuttavia, la Russia potrebbe non accettare un piano che consenta agli Stati Uniti di continuare a fornire armi all’Ucraina anche in caso di tregua. Ulteriori forniture militari a Kiev verrebbero identificate come una minaccia alla sua sicurezza. Senza contare la questione relativa alle sanzioni economiche imposte alla Russia: Mosca potrebbe condizionare un eventuale accordo di pace alla riduzione delle sanzioni, un aspetto che potrebbe complicare ulteriormente le trattative.
Per quanto riguarda il conflitto tra Israele e Hamas, Trump ha dichiarato che sostiene con fermezza il diritto di Israele alla difesa contro gli attacchi, vista anche l’ondata di attacchi missilistici e scontri intensificatisi dal 2023. Durante il suo precedente mandato, si era concentrato sugli Accordi di Abramo per promuovere la normalizzazione dei rapporti tra Israele e altri stati arabi, cercando di isolare Hamas e le organizzazioni simili. Pur senza proporre un piano dettagliato per il problema israelo-palestinese, Trump ha espresso scetticismo nei confronti di Hamas, indicato come un ostacolo principale alla pace. Ha sostenuto l’idea di una soluzione negoziata per i territori palestinesi, ma con un forte sostegno a Israele nelle sue operazioni contro Hamas, considerata una minaccia terroristica.
Il quotidiano Yedioth Ahronoth ha riportato che i coloni israeliani sono euforici per la rielezione di Trump, vedendola come un’opportunità per progredire nei loro obiettivi territoriali in Cisgiordania. Secondo il giornale, i leader dei coloni hanno preparato un piano che prevede l’estensione della sovranità israeliana in Cisgiordania (Giudea e Samaria) e la creazione di nuovi insediamenti nel nord della Striscia di Gaza. Questo porterebbe, di fatto, a una fine della soluzione dei due stati e a una prospettiva di uno stato palestinese indipendente. Sebbene Netanyahu neghi l’intenzione di ristabilire insediamenti a Gaza, le dichiarazioni di altri esponenti israeliani suggeriscono il contrario.
Infine, secondo fonti riportate dal Times of Israel, Trump ha esortato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a concludere la guerra a Gaza entro il suo insediamento alla Casa Bianca. Trump ha chiesto che Israele ottenga una vittoria rapida, inclusa la liberazione degli ostaggi, prima del suo insediamento a gennaio, ma ha lasciato margine per attività residue delle forze israeliane a Gaza. Netanyahu, dal canto suo, ha affermato che Israele non è pronto a terminare il conflitto, anche per la complessa situazione politica interna e il ruolo di estremisti di destra nella sua coalizione, che sono contrari a una tregua in questo momento del conflitto. Inoltre, il governo israeliano esclude un coinvolgimento dell’Autorità Palestinese nella gestione di Gaza, complicando la possibilità di trovare un sostituto a Hamas nella regione.
Stefano Lovi – PhD student