GEODI – UNINT

La diplomazia degli ostaggi: il caso Cecilia Sala e la strategia iraniana

La vicenda della giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata in Iran con accuse generiche e trattenuta in condizioni che la famiglia ha definito preoccupanti, ha riacceso i riflettori su una pratica consolidata della Repubblica islamica: la diplomazia degli ostaggi.

La vicenda della giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata in Iran con accuse generiche e trattenuta in condizioni che la famiglia ha definito preoccupanti, ha riacceso i riflettori su una pratica consolidata della Repubblica islamica: la diplomazia degli ostaggi.  

Sin dagli albori del regime iraniano, la detenzione di cittadini stranieri è stata impiegata come strumento di pressione politica. Il caso più emblematico risale al 4 novembre 1979, quando un gruppo di studenti rivoluzionari prese d’assalto l’ambasciata statunitense a Teheran, sequestrando 52 diplomatici. Questi rimasero prigionieri per 444 giorni, fino al 20 gennaio 1981, in quella che è passata alla storia come la “crisi degli ostaggi”. Tale evento segnò l’inizio di una strategia che continua a caratterizzare i rapporti della Repubblica islamica con l’Occidente euro-americano.  

Da allora, la lista degli arresti arbitrari è cresciuta, spesso coinvolgendo giornalisti e attivisti. Nel 2009, la giornalista statunitense Roxana Saberi fu incarcerata per “spionaggio” e liberata solo dopo intense pressioni diplomatiche. Tuttavia, l’Iran non si limita a detenere cittadini occidentali: tra gli oltre 8.000 detenuti stranieri nel paese, la maggioranza è di origine afghana, spesso condannati a morte in processi sommari.  

 

L’attualità della strategia  

Il caso di Cecilia Sala sembra inserirsi in questa logica. La sua detenzione è avvenuta pochi giorni dopo l’arresto a Milano di Mohammad Abedini, un ingegnere iraniano accusato di aver esportato tecnologia sensibile statunitense in Iran Questo tempismo ha sollevato il sospetto che Teheran stia utilizzando Sala come leva per ottenere la liberazione di Abedini, rafforzando il paradigma della diplomazia degli ostaggi.  

Secondo Human Rights Watch (HRW), molti di questi arresti sono caratterizzati da “violazioni del giusto processo” e da sentenze “politicamente motivate”. Gli stranieri e i cittadini con doppia cittadinanza vengono spesso utilizzati come pedine in negoziazioni diplomatiche o come strumenti per avanzare richieste economiche e politiche.  

 

Un confronto internazionale  

L’Italia ha reagito prontamente, convocando l’ambasciatore iraniano e richiedendo l’immediata liberazione della giornalista. Tuttavia, la risposta di Teheran è stata altrettanto decisa: l’ambasciatrice italiana in Iran è stata convocata e il governo iraniano ha definito l’arresto di Abedini “illegale e politicamente motivato”.  

La crisi attuale non rappresenta solo una disputa bilaterale tra Italia e Iran, ma rientra in un contesto più ampio. La diplomazia degli ostaggi, infatti, è un meccanismo che Teheran ha affinato nel tempo per bilanciare le pressioni internazionali, sfruttando il vuoto lasciato dalle sanzioni economiche e dall’isolamento diplomatico influenzato da Washington.  

Il caso Sala non è un episodio isolato, quindi, ma l’ennesima dimostrazione di una tattica ormai strutturale nelle relazioni geopolitiche della Repubblica islamica. Mentre i governi occidentali cercano una risposta coordinata, la comunità internazionale è chiamata a stabilire un equilibrio tra il dialogo e la pressione diplomatica per porre fine a una pratica che viola i diritti umani e mina la fiducia nelle relazioni internazionali.  

 

Alessio Zattolo – PhD Student

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

Università degli Studi Internazionali di Roma - UNINT

Via Cristoforo Colombo, 200 - 00147 Roma | C.F. 97136680580 | P.I. 05639791002 | Codice SDI: M5UXCR1 | Mail: geodi@unint.eu