Egitto: tra crisi economica ed emergenza rifugiati
- 15 Gennaio 2025
Il 9 gennaio scorso il New York Times ci restituiva l’immagine di un Egitto ben diverso da quello nel quale, meno di quindici anni fa, le Primavere arabe avevano acceso un desiderio di democrazia.
Migliaia di palestinesi, sudanesi e siriani in fuga dalla guerra hanno trovato rifugio negli ultimi tredici anni in Egitto. La normativa egiziana in materia di immigrazione non è molto rigida: i nuovi arrivati, anche se privi dello status di rifugiati e/o di un permesso di soggiorno a lungo termine, sono riusciti a integrarsi nel paese, avviando piccole attività.
Tale scenario, tuttavia, sta rapidamente cambiando. La straordinaria pressione migratoria causata dalla guerra civile del Sudan sta spingendo l’Egitto ad adottare politiche restrittive nei confronti dei richiedenti asilo.
Oggi, secondo il New York Times, il governo del Cairo afferma di spendere 10 miliardi di dollari ogni anno per i suoi nove milioni di rifugiati (ma per gli esperti le cifre sarebbero esagerate), in un momento in cui lo Stato è fortemente indebitato, ha difficoltà a pagare importazioni come grano ed energia e la sua moneta è crollata.
L’Agenzia per le Nazioni Unite per i rifugiati conta circa 818 mila rifugiati registrati nel Paese, che hanno diritto all’assistenza sanitaria pubblica e all’istruzione gratuite. Probabilmente ce ne sono molti non registrati.
L’inflazione e i tagli ai sussidi stanno penalizzando la popolazione egiziana. Dopo anni di spesa pubblica eccessiva, di dipendenza dalle importazioni, le conseguenze delle guerre in Ucraina e Gaza sono state pesantissime: l’Egitto ha perso 7 miliardi di dollari di entrate provenienti dal Canale di Suez nel 2024 per la riduzione del traffico nel Mar Rosso a causa del conflitto a Gaza.
I rifugiati sono accusati di consumare acqua, della carenza di zucchero, dell’aumento degli affitti e anche delle mutilazioni genitali femminili.
Arresti della polizia e detenzioni sommarie per i sudanesi; ai siriani è stato chiesto di pagare migliaia di dollari per restare e richieste di denaro sarebbero state avanzate anche nei confronti di lavoratori stranieri provenienti dall’Asia e da altre parti dell’Africa ora per mantenere il loro status legale.
Il mese scorso, l’Egitto ha approvato una legge che attribuirebbe la responsabilità dello screening dei rifugiati e di altre persone al Governo, invece che all’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. La legge rafforzerebbe la possibilità per l’Esecutivo egiziano di revocare lo status di rifugiato con motivazioni vaghe, come danni alla sicurezza nazionale, attività politica, violazioni di usanze.
Non mancano storie di persone integrate che si sono viste precludere la possibilità di iscrivere i figli a scuola senza un permesso di residenza; per rinnovare i visti di soggiorno dovrebbero tornare in Siria e pagare 2mila dollari a persona ogni sei mesi.
L’Egitto non ha spiegato le ragioni di questi inasprimenti nei confronti degli stranieri. Ma secondo i gruppi per i diritti umani i motivi sono economici. Le tasse sull’immigrazione, addebitate in dollari, possono fornire la valuta estera che all’Egitto serve. E gli stranieri servono a ottenere sostegno finanziario dai partner internazionali.
L’Egitto chiede più risorse, rivendicando lo stesso sostegno dato a Giordania, Libano e Turchia da Stati Uniti, Onu e Ue.
Un crollo in Egitto potrebbe destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente e aumentare le migrazioni verso l’Europa. L’Unione Europea ha promesso un pacchetto di aiuti accelerato da 8 miliardi di dollari all’Egitto a marzo 2024. Altri aiuti sono arrivati dal Fondo monetario internazionale.
Elisa Latella – PhD Candidate