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Svezia: ucciso a colpi di pistola Salwan Momika, l’uomo che bruciò il Corano

Salwan Momika, rifugiato iracheno di 38 anni noto per aver bruciato una copia del Corano nel 2023, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco nel suo appartamento a Södertälje, in Svezia, nella tarda serata di mercoledì 29 gennaio 2025. La polizia è intervenuta dopo le 23 in seguito a segnalazioni di una sparatoria in una zona residenziale, trovando un uomo con ferite da arma da fuoco. Trasportato in ospedale, è deceduto poco dopo.

Salwan Momika, rifugiato iracheno di 38 anni noto per aver bruciato una copia del Corano nel 2023, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco nel suo appartamento a Södertälje, in Svezia, nella tarda serata di mercoledì 29 gennaio 2025. La polizia è intervenuta dopo le 23 in seguito a segnalazioni di una sparatoria in una zona residenziale, trovando un uomo con ferite da arma da fuoco. Trasportato in ospedale, è deceduto poco dopo. 

Nato in Iraq nel 1986, ha vissuto un percorso controverso che lo ha portato da rifugiato politico in Svezia a figura centrale di proteste anti-Islam. Il suo passato, le sue motivazioni e il contesto politico in cui si è mosso offrono diversi spunti di riflessione su temi di immigrazione, libertà di espressione e tensioni sociali.

Le ragioni della fuga di Momika dal suo paese nel 2018 non sono del tutto chiare, ma alcune fonti indicano che avesse già all’epoca posizioni critiche nei confronti del governo iracheno e dei gruppi islamisti nel paese. Una volta ottenuto il permesso di soggiorno, ha iniziato a esprimere pubblicamente idee fortemente contrarie all’Islam, affermando di voler denunciare i rischi che, secondo lui, la religione rappresentava per la democrazia e i valori occidentali.

Come già accennato, nel 2023 Momika ha attirato l’attenzione internazionale bruciando copie del Corano durante manifestazioni autorizzate dalle autorità svedesi. La più nota si è svolta nel giugno 2023 davanti alla principale moschea di Stoccolma, dove ha prima infilato una fetta di bacon tra le pagine del libro sacro e poi lo ha dato alle fiamme. L’episodio ha scatenato proteste in diversi paesi musulmani e ha inasprito le relazioni diplomatiche tra la Svezia e il mondo islamico, con minacce e appelli al boicottaggio del paese scandinavo.

Le sue azioni hanno alimentato un intenso dibattito in Svezia e in Europa. Da un lato, alcuni le hanno difese come un esercizio del diritto alla libertà di espressione, garantito dalla Costituzione svedese. Dall’altro, molti hanno condannato i suoi gesti come incitazione all’odio, sostenendo che andavano ben oltre la critica religiosa.

Le autorità svedesi hanno inizialmente permesso le manifestazioni, ma la crescente pressione internazionale ha spinto il governo a rivedere la propria posizione. Nell’agosto 2023, Momika e il suo collaboratore Salwan Najem sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di incitamento all’odio etnico per quattro episodi di profanazione del Corano.

Dopo le sue azioni, Momika ha ricevuto numerose minacce di morte. Nonostante le richieste di protezione, ha continuato a vivere in Svezia senza misure di sicurezza particolari. In più occasioni ha dichiarato di temere per la propria vita, denunciando tentativi di aggressione.

Secondo i media locali, Momika era in diretta su TikTok poco prima del suo omicidio, e il suo assassinio potrebbe essere stato ripreso in video. Cinque persone sono state arrestate nella notte tra mercoledì e giovedì, e le autorità hanno avviato un’indagine preliminare per omicidio. Il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, ha dichiarato che i servizi segreti sono coinvolti nelle indagini, ipotizzando un possibile legame con una potenza straniera. Il tribunale di Stoccolma avrebbe dovuto emettere il 31 gennaio il verdetto sulle accuse di incitamento all’odio etnico nei suoi confronti, ma è stata rinviata la decisione al 3 febbraio dopo la conferma della sua morte. 

La figura di Salwan Momika rimane controversa: per alcuni un attivista che ha testato i limiti della libertà di espressione, per altri un provocatore responsabile di aver fomentato tensioni sociali. La sua morte potrebbe avere conseguenze sul dibattito politico in Svezia, alimentando discussioni sul diritto di protesta, sulla sicurezza nazionale e sulle sfide dell’integrazione culturale. 

Il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, ha dichiarato che esiste il “rischio” che l’omicidio sia collegato a “una potenza straniera”, sottolineando il coinvolgimento dei servizi di sicurezza nelle indagini. Il suo collaboratore, Salwan Najem, con cui aveva organizzato le manifestazioni contro il Corano, ha espresso timore per la propria sicurezza, affermando di aver ricevuto minacce di morte. 

Stefano Lovi – PhD Candidate

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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