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La sparatoria di Orebro e le contraddizioni del multiculturalismo svedese

Il 5 febbraio 2025 ha segnato una data tristemente significativa nella storia della Svezia, così come affermato dalla Casa Reale (in particolare dalla Regina Silvia) svedese che ha visitato il luogo in cui, a Orebro (200 km da Stoccolma) sono state uccise dieci persone presso la scuola per adulti che ospitava un alto numero di immigrati.

Il 5 febbraio 2025 ha segnato una data tristemente significativa nella storia della Svezia, così come affermato dalla Casa Reale (in particolare dalla Regina Silvia) svedese che ha visitato il luogo in cui, a Orebro (200 km da Stoccolma) sono state uccise dieci persone presso la scuola per adulti che ospitava un alto numero di immigrati.

Dalle indagini è emerso che le vittime avessero nazionalità siriana e bosniaca.

In seguito alla vicenda, la Regina di Svezia ha rilasciato una dichiarazione ponendo un interrogativo molto importante su che fine avesse fatto quella Svezia che oggi non riconosce più.

Il paese, infatti, è sempre stato considerato uno dei modelli maggiormente virtuosi in Europa e nel mondo per l’accoglienza di migranti e richiedenti asilo, insieme al resto dei paesi scandinavi, noti anche per eccellenti valori relativi all’Indice di Sviluppo Umano (ISU).

Negli anni, analisi e studi comparati relativi ai suddetti modelli dell’area scandinava hanno dimostrato  che le politiche di attivazione rivolte in favore degli immigrati erano un chiaro segnale di come e quanto i governi nazionali  avessero avuto l’ambizione di promuovere un’autonomia funzionale e individuale in diverse aree politiche dello Stato sociale e non limitato ai primi strumenti di integrazione. Questo nonostante diverse filosofie  relative al controllo dell’immigrazione e alle politiche sulla cittadinanza tra i diversi Stati dell’area nordica. 

Concentrandoci sulla Svezia, era possibile vedere come, tra il 2010 e il 2018, l’immigrazione era vista in modo abbastanza coerente e positiva. Era presente un orientamento basato sulle risorse, in cui l’immigrazione era considerata un beneficio per la società, nonostante fossero state tematizzate alcune sfide legate all’accoglienza e all’integrazione dei nuovi immigrati. Sebbene quest’ultimo punto, i vantaggi sono considerati complessivamente superiori agli oneri in materia di accoglienza. I rapporti hanno dimostrato chiaramente che il paese dipende dall’immigrazione per mantenere lo stato sociale e finanziare il settore pubblico. Infine, punto molto importante, suddetti report si sono concentrati anche su come e quanto la popolazione consideri importante la responsabilità svedese nel dover essere all’altezza dell’obbligo internazionale di accogliere i richiedenti asilo.

Tuttavia, tale tendenza ha subito un cambiamento significativo a partire dal 2015. Tale dinamica verrebbe comunemente associata alla “crisi dei rifugiati” di quello stesso anno, che ha visto l’arrivo di un più elevato numero di richiedenti asilo e un incremento degli atteggiamenti negativi verso il fenomeno dell’immigrazione.

Questi primi segnali hanno lasciato un importante risultato con le elezioni politiche svedesi del 2023, fortemente influenzate dai discorsi anti-immigrazione e con un impatto significativo sia a livello sociale che mediatico. I partiti che hanno fatto leva sul tema dell’immigrazione, come i Democratici Svedesi (SD), hanno contribuito ad una crescente polarizzazione nella società svedese. Una parte della popolazione ha visto nel rigore verso l’immigrazione una necessità per la sicurezza e l’integrazione; un’altra, invece, ha considerato questi discorsi divisivi e discriminatori, minando l’inclusività della società.

Proprio da quelle elezioni, il risultato più sorprendente nella storia istituzionale e politica svedese:  secondi a livello nazionale proprio i Democratici Svedesi di estrema destra che hanno ottenuto uno storico 20,5%, confermando la loro strabiliante ascesa negli ultimi decenni, superando per la prima volta il partito di centrodestra dei Moderati che ha ottenuto il 19%. I Democratici Svedesi, oltre ad essere di estrema destra, si caratterizzano per essere una forza politica nazionalista, xenofoba con origini fasciste e apertamente contrario all’immigrazione. 

Il trionfo di suddetto partito, unito ad una serie di episodi di protesta contro la popolazione immigrata, stanno trasformando lo scenario politico e sociale svedese. Dal 2018, si è assistiti ad un incremento di episodi di odio da parte della popolazione locale. Un primo caso sono state le proteste di Malmo di quello stesso anno contro l’immigrazione e la criminalità associata alla presenza di rifugiati. Alcuni residenti e gruppi locali hanno organizzato manifestazioni contro il trattamento dei migranti e il presunto aumento della criminalità, in particolare nelle aree periferiche della città. Un altro caso, nel 2022, è stata l’organizzazione di blocchi stradali da parte di gruppi xenofobi e di estrema destra contro i rifugiati che venivano trasportati da un centro di accoglienza con l’obiettivo di denunciare i problemi legati alla sicurezza nazionale.

Le proteste contro gli immigrati in Svezia si sono evolute nel corso degli anni, passando da manifestazioni sporadiche a una crescente polarizzazione politica e sociale, alimentata da discorsi politici, preoccupazioni sociali e influenze esterne, come quelle dei movimenti di estrema destra. Queste proteste sono spesso legate a temi complessi come la criminalità, la sicurezza e l’integrazione, e riflettono le sfide che la Svezia si trovi ad affrontare le questioni relative all’immigrazione in un contesto di crescente incertezza economica e sociale. Questo nuovo panorama merita un’attenta analisi e un costante monitoraggio per poter controllare ogni possibile genere di conseguenze.

Vanni Nicolì – PhD Candidate

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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