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Geopolitica dell’Indo-Pacifico: la Cina come nuova potenza marittima

Pechino mostra i muscoli nel Mar Cinese Meridionale: sorvoli che sfiorano Taiwan, addestramenti militari vicino al Vietnam. Con puntate ancora più a Sud, verso l’Australia. In attesa che gli Stati Uniti calino la carta del contenimento o della cooperazione, la Cina aumenta la temperatura regionale. Se Washington allenta il proprio sostegno agli storici alleati regionali, per il dragone si alza la posta in gioco: diventare una potenza marittima.

Pechino mostra i muscoli nel Mar Cinese Meridionale: sorvoli che sfiorano Taiwan, addestramenti militari vicino al Vietnam. Con puntate ancora più a Sud, verso l’Australia.
In attesa che gli Stati Uniti calino la carta del contenimento o della cooperazione, la Cina aumenta la temperatura regionale. Se Washington allenta il proprio sostegno agli storici alleati regionali, per il dragone si alza la posta in gioco: diventare una potenza marittima.
Il grande sogno di Xi Jinping si scontra però con la realtà dei membri asiatici della NATO. 

Secondo il New York Times, durante lo scorso mese di febbraio tre navi cinesi si sono avvicinate all’Australia, annunciando un’esercitazione di artiglieria quando era già iniziata. Alcuni giorni dopo, in seguito alle reiterate rivendicazioni territoriali nel golfo di Tonkin da parte del Vietnam, le forze cinesi hanno dato il via ad altre manovre proprio nel golfo.
Nel frattempo, l’aviazione puntava verso i cieli di Taiwan pressoché ogni giorno.
Tali iniziative sono indicative delle crescenti capacità militari di Pechino, ormai in grado di muoversi contemporaneamente in più scenari. E avvengono in un frangente perfetto, mentre Washington è impegnata su più fronti – dall’Ucraina al Medio Oriente – e alle prese con tagli alle spese militari. 

Nella regione dell’Indo-Pacifico sono in molti a essere preoccupati rispetto all’impegno degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump. Anche se l’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) si sta consolidando già da prima dell’insediamento di quest’ultima, e l’anno scorso vicino a Taiwan ha tenuto addestramenti ben più imponenti.
Secondo alcuni analisti, Pechino sta comunicando ai governi dell’area – tra cui il Vietnam – che il futuro prevede una certa accondiscendenza riguardo alla questione Formosa. E a fronte di un ridimensionamento della presenza americana, il messaggio potrebbe farsi più forte.
Secondo fonti del New York Times, le azioni cinesi non sono molto rilevanti in termini militari, in quanto principalmente un segnale politico, ma potrebbero diventarlo in future dispute. 

Diversi governi asiatici hanno spesso guardato a Washington per contrastare il potere cinese nella regione. Tuttavia, al momento non è chiaro se l’intenzione di Trump sia il contenimento o la cooperazione con la Cina, oppure entrambi. Finora il presidente americano si è lamentato dell’insufficiente spesa militare dei governi regionali, ma non ha espresso commenti sulle recenti esercitazioni militari cinesi nell’area. Né la Casa Bianca ha ancora fornito un piano strategico regionale. 

Il Vietnam – Paese vicino agli Stati Uniti – teme eventuali dazi da parte della nuova amministrazione americana. E nel tentativo di bilanciare i rapporti con le due potenze, non ha reagito alle esercitazioni cinesi nel golfo di Tonkin.
Anche l’Australia sta cercando di mantenere legami sia con Pechino – il suo principale partner commerciale – che con Washington, primo alleato per importanza nell’ambito della difesa.
Il Paese che più risente dell’incertezza del ruolo degli Stati Uniti è però Taiwan. Dopo che per decenni ha potuto confidare sul supporto politico e militare americano, l’isola viene messa continuamente alla prova dalle forze armate cinesi. Successivamente al sorvolo di due aerei a poca distanza dalla costa avvenuto la scorsa settimana, è previsto che a breve due navi effettuino addestramenti a Sud di Formosa. La tensione è aumentata ulteriormente dopo la richiesta americana di un aumento delle spese militari da parte di Taiwan. Per di più, Trump si è rifiutato di esprimersi riguardo a un eventuale sostegno americano in caso di un attacco cinese contro l’isola. 

Secondo Giorgio Cuscito – sinologo della rivista di geopolitica Limes – tra i principali obiettivi del presidente Xi Jinping vi è la trasformazione della Repubblica Popolare in potenza marittima. Tuttavia, la collaborazione militare tra i membri asiatici della NATO, impedisce alla Cina di dominare i Mari Cinesi e conseguire l’unificazione con Taiwan.
Oltre a ciò, le vie marittime della seta attraversano contesti geopolitici mondiali sempre più instabili, costringendo il dragone a guardare altrove. Ecco perché Pechino espande le proprie attività militari nei Mari Cinesi, lontano dai confini nazionali.  E lo stretto di Taiwan è uno degli scenari privilegiati. 

Alla domanda di un reporter – puntualizza il New York Times – su un possibile intervento americano contro la Cina per impedirle l’uso della forza verso Taiwan, Trump ha risposto: “Se lo sapessi non lo direi certo a lei”. Aggiungendo: “Però posso dirle che ho un ottimo rapporto col presidente Xi. Vogliamo che venga a investire da noi.”

Donata Zocche – giornalista e PhD candidate 

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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