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Guerra dei dazi: l’UE nella morsa delle tariffe americane e del dumping cinese

Sull’Unione Europea stanno per abbattersi dazi del 20% sull’export verso gli USA, il principale partner per volume, pari a 380 miliardi di Euro. Ma l’effetto collaterale della guerra globale dei dazi potrebbe essere il dumping, ossia un’Europa invasa dalla concorrenza sleale di merci cinesi a basso costo. Bruxelles è tentata da un lato dal rapprochement economico cinese, dall’altro da misure protezionistiche di auto-difesa proprio contro Pechino.

Sull’Unione Europea stanno per abbattersi dazi del 20% sull’export verso gli USA, il principale partner per volume, pari a 380 miliardi di Euro. Ma l’effetto collaterale della guerra globale dei dazi potrebbe essere il dumping, ossia un’Europa invasa dalla concorrenza sleale di merci cinesi a basso costo. Bruxelles è tentata da un lato dal rapprochement economico cinese, dall’altro da misure protezionistiche di auto-difesa proprio contro Pechino.
Il pericolo derivante dall’adozione di strumenti speculari a quelli di Washington, è però la minaccia al principio di libero scambio e un’ulteriore escalation dei dazi a livello mondiale.
La difesa del commercio dell’Unione si preannuncia ardua, e rischia di mettere a dura prova l’unità europea. 

In un recente articolo, il New York Times configura per l’Unione Europea un ulteriore danno collaterale derivante dai dazi trumpiani: l’invasione delle merci cinesi a basso costo.
Paesi come Francia, Germania e Italia potrebbero infatti trovarsi presto nel bel mezzo della guerra commerciale USA-Cina, sommersi da prodotti finora destinati al mercato americano.
Rispetto a questo scenario, il Vecchio Continente sta reagendo con un diffuso istinto di auto-protezione, secondo cui non intende né assorbire la sovrapproduzione cinese, né subire fenomeni di dumping. La presidente della Commissione Europea von der Leyen ha annunciato un impegno costruttivo con la Cina, ma allo stesso tempo ha previsto una task force per il monitoraggio della situazione.  

I dazi – osserva il quotidiano newyorkese – stanno mettendo a dura prova l’unità europea. Da un lato, la Spagna ha auspicato una maggiore collaborazione con Pechino. Dall’altro, la Germania ha avversato l’imposizione di nuovi dazi alla Cina, temendo che quest’ultima a sua volta aumenti le tasse sulle vetture tedesche. Oltremanica, Londra ha invocato relazioni durature col Dragone, nel tentativo di rivitalizzare l’economia nazionale post-Brexit.
Il messaggio politico di fondo è chiaro da parte di tutti: dare un impulso agli investimenti esteri. Tuttavia le differenze tra Paesi sussistono – la Spagna ad esempio ha una posizione diversa dalla Polonia – cosicché il dibattito su quale dovrebbe essere la posizione dell’Unione Europea verso la Cina rimane acceso.
Fondamentalmente, le relazioni tra le due parti appaiono sbilanciate, dato che il deficit commerciale dell’Europa con la Cina ammontava a 292 miliardi di Euro già nel 2023.
Per Bruxelles, Pechino rimane inoltre un rivale sistemico a causa del supporto dimostrato alla Russia durante la guerra con l’Ucraina. Prevedibilmente, il summit bilaterale sino-europeo previsto per il prossimo luglio non sarà quindi risolutivo, nonostante le reciproche necessità di un avvicinamento strategico.    

La Deutsche Welle sottolinea che l’imposizione sull’Europa di dazi al 20% sull’export verso gli USA – al momento in pausa per 90 giorni – è pari al valore di 380 miliardi di Euro. Bruxelles potrebbe pertanto ponderare una misura simile verso la Cina, che se da un lato è un potenziale partner commerciale, dall’altro è comunque la seconda economia del mondo. Intanto, Pechino sta cercando un avvicinamento a livello economico con l’UE, con l’intento di combattere il “bullismo di Washington”.
L’agenzia tedesca cita uno studio del Centre for Strategic and International Studies (CSIS), secondo cui i dazi americani imposti alla Cina, a causa del conseguente afflusso di prodotti cinesi nel mercato dell’Unione Europea, rischiano di scatenare una reazione protezionistica da parte di quest’ultima. Tra l’altro, il timore del dumping è acuito dagli aiuti di stato di cui godono i produttori cinesi e dal minore costo del lavoro.
Il rischio paventato è quello di bancarotte e tagli all’occupazione in tutta l’UE. Il pensiero va a veicoli elettrici di case come BYD, Nio e XPeng, che hanno penetrato il mercato europeo in modo aggressivo in un periodo di ridimensionamento del mercato automobilistico, in particolare in Germania.       

Secondo il Corriere della Sera, in Europa il 25% degli elettrodomestici arriva dall’Asia, l’import di chimica dalla Cina è aumentato di oltre il 16% tra il 2021 e il 2024, le vendite di auto cinesi ammontano al 5% del totale. Per non dimenticare il settore tessile-abbigliamento: non più esportabile negli USA, dalla Cina arriverà in Europa.
Rispondere alla sfida in atto è estremamente complesso. Per potenziare la difesa commerciale – suggerisce il quotidiano di via Solferino – sarebbe opportuno evitare i dazi sui beni intermedi, ossia i singoli componenti di un prodotto, poiché si metterebbero in crisi intere filiere. Al limite i dazi potrebbero essere applicati sui prodotti destinati al consumatore finale, tenendo conto tuttavia che potrebbero sempre venire aggirati.
Tesa tra il pericolo dazi e il rischio dumping, la tentazione protezionistica dell’Unione Europea appare comunque forte. Una manovra insidiosa, speculare alle tariffe trumpiane, che minerebbe il principio di libero scambio, incrementando l’escalation già in atto. 

Donata Zocche – Giornalista e PhD candidate in Global Studies & Innovation

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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