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ReArm Europe. Le nuove prospettive geopolitiche dell’Unione europea

Lo scorso 13 maggio, presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT) si è tenuto l’evento “ReArm Europe. Le nuove prospettive geopolitiche dell’Unione europea”. Il convegno è stato organizzato con l’obiettivo di realizzare un momento di riflessione, approfondimento e aggiornamento sulle politiche europee in materia di difesa e riarmo. Numerosi gli interventi di accademici ed esperti, che hanno delineato l’attuale quadro legislativo e politico-istituzionale europeo al fine di tracciare le future prospettive geopolitiche dell’Unione.

di Donata Zocche
Giornalista e PhD student presso l’Università Internazionale degli Studi di Roma (UNINT) 

Lo scorso 13 maggio, presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT) si è tenuto l’evento “ReArm Europe. Le nuove prospettive geopolitiche dell’Unione europea”.
Il convegno è stato organizzato con l’obiettivo di realizzare un momento di riflessione, approfondimento e aggiornamento sulle politiche europee in materia di difesa e riarmo.
Numerosi gli interventi di accademici ed esperti, che hanno delineato l’attuale quadro legislativo e politico-istituzionale europeo al fine di tracciare le future prospettive geopolitiche dell’Unione.
Il dibattito si è inserito all’interno del corso “European Security and Defence Policies”, quale canale accademico privilegiato di analisi sulle attuali sfide geopolitiche, e di confronto con gli studenti dell’ateneo UNINT, i quali hanno partecipato in presenza e da remoto.  Chairman dell’evento è stato il professor Ciro Sbailò, docente di diritto pubblico comparato e Direttore del Centro Studi GEODI (Geopolitica, Diritto e Data Intelligence). 

Introducendo gli illustri ospiti, il professor Ciro Sbailò ha evidenziato come l’Europa si trovi al centro di tensioni geopolitiche – si pensi ai flussi migratori provenienti dalla Libia –
i cui attori asimmetrici sono spesso gruppi identitari o terroristici.
In questo complesso quadro, l’Unione Europea ha potenziato i fondi per la difesa, ma il denaro non basta, ha bisogno di una dinamo affinché non vada disperso. Molte sono le sfide poste dall’attuale scenario di guerra ibrida, dalla mancanza di sovranità condivisa ai sistemi d’arma diversi tra loro, e affrontarle richiede un armamentario anche di tipo giuridico.    

Il professor Roberto Tottoli, professore ordinario e Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, ha ribadito il “posizionamento strategico dell’Europa nel Mediterraneo allargato”.
Tuttavia l’Africa sembra uscita dai radar, quando invece serve un dialogo, un’alleanza tra Europa e Africa al fine di evitare conflittualità, si pensi alla questione islamica.
L’aspetto culturale è importante quanto quello politico-securitario, ha rilevanza strategica, come il piano Mattei, perché bisogna comunicare con l’Islam.  

“La struttura architettonica europea presenta una debolezza strategica”, ha precisato Paolo Passaglia, professore ordinario di Diritto pubblico comparato.
I dividendi della pace hanno avuto il colpo di grazia con l’elezione di Trump. L’Europa non deve pensare di essere negli anni Cinquanta, invece ha una visione strabica, con capacità di spesa, ma in assenza di un’azione unitaria.
La definizione di riarmo inoltre è riduttiva, poiché nessuno Stato europeo ha una politica autonoma. Forse l’ultimo è stata la Francia. La posizione di ciascun Paese è diversa, e la somma delle loro crisi equivale alla crisi dell’Unione Europea.  

“In questo scenario incerto – ha sottolineato il professor Jorge Lozano MiraLLes, professore ordinario dell’Universidad de Jaén – l’unica certezza è che Trump ritiene eccessiva la spesa militare USA in Europa.
Europa che non può più contare sugli stessi alleati di un tempo nel campo della difesa. La sfida è anche in termini di spesa sociale, che per Trump va ridotta, e di cui invece in Spagna il governo socialista ne fa una bandiera. Quello che manca nel Paese iberico è però l’appoggio parlamentare, infatti la legge finanziaria non è stata ancora approvata.
Se l’autonomia strategica finora è stata inquadrata nella NATO, oggi deve essere europea.
In questo senso la tecnologia “dual-use”, ossia per uso polivalente, anche civile, si dimostra interessante. Si pensi all’impiego dell’IA per i droni o per la medicina: potrebbe far crescere il settore industriale spagnolo. Ma la sfida è sempre il consenso sociale. 

Riferendosi al quadro giuridico europeo, la professoressa Chiara Graziani, assistant professor dell’Università Bocconi di Milano, ha osservato che il White Paper for European Defence – Readiness 2030 è un Libro Bianco, ossia non vincolante. “È un documento di policy, un atto di soft law cui gli Stati debbono dare concretezza”. Prevede una spesa totale di 800 miliardi di Euro, ma la domanda è: ci si fermerà prima? La clausola di salvaguardia è un ulteriore margine per la spesa in materia di difesa, ma se sedici Stati membri l’hanno chiesta, tra questi non figurano Italia e Spagna. Austria, Irlanda e Malta hanno invece una clausola di neutralità nella Costituzione.  

La dottoressa Susanna Fontana, Senior Researcher e Project Manager presso la Fondazione Formit, ha illustrato il Fondo Europeo per la Difesa 2021-2027 (EDF), lanciato anche per rispondere alla crisi di Crimea del 2014. Il fondo sostiene la ricerca e lo sviluppo nel settore della difesa, nel tentativo di colmare il gap tra questi ambiti. L’applicazione è “dual use”, con una parte medica e spaziale relativa alla difesa.
“Degna di nota è l’apertura al capitale privato, una novità: prima c’era chiusura verso la difesa”. Nel 2024 c’è stato un aumento del 5% di investimenti nella difesa rispetto al 2018, ma rimangono diversi ostacoli, come le restrizioni regolatorie, che fermano alcuni investitori, tra cui le start up. “Inoltre, le spese militari sottraggono risorse per l’ambiente o per fini sociali, mentre le istituzioni devono salvaguardare i valori dell’Unione Europea.”

Per quanto riguarda i mezzi militari aerei, il punto è stato fatto dal dottor Matteo Costola, PhD Candidate UNINT e Researcher presso la Fondazione Formit.
“Il GCAP (Global Compact Air Programme), con il caccia Tempest, è una massa critica di investimenti e di know-how.” Il programma di collaborazione internazionale, che coinvolge Italia, Regno Unito e Giappone, prevede lo sviluppo di un sistema aereo di nuova generazione entro il 2035. L’operatività nei cinque domini (aria, terra, mare, spazio e cyber) avverrà tramite piloti e non, grazie all’Intelligenza Artificiale, anche generativa. Per l’Italia Leonardo sarà il partner strategico. Il centro di ricerca dell’azienda nel Regno Unito sta inoltre sviluppando “BriteStorm”, un prodotto all’avanguardia per agire in territorio avversario.
“L’aspetto interessante è che il GCAP non è un consorzio chiuso: il Regno Unito potrebbe aprire al Canada, l’Italia all’Arabia Saudita o il Giappone all’Australia.”    

A conclusione dell’evento “ReArm Europe. Le nuove prospettive geopolitiche dell’Unione europea”, il professor Ciro Sbailò ha posto l’accento sulla rimodulazione della spesa militare in ambito sia pubblico che privato e sull’estensione nel dominio spaziale.
“Il Tempest è più di un aereo, è una massa critica: la politica saprà farsi protagonista di questo processo?”

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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