Talenti stranieri: mentre Trump inasprisce i visti, la Cina corteggia i laureati in scienze
- 3 Ottobre 2025

Traduzione dell’articolo di Vivian Wang, As Trump Tightens Visas, China Woos World’s Science Gradutes, per il The New York Times, venerdì 26 settembre 2025.
La Cina compie un ulteriore passo in avanti per affermarsi come leader mondiale nel campo della scienza e della tecnologia attraverso la concessione di un nuovo visto per laureati in scienze e ingegneria.
Questa strategia arriva proprio nel momento in cui il Presidente americano Trump ha stabilito di rendere molto più costoso per le aziende americane assumere lavoratori stranieri qualificati.
Il 1° ottobre 2025 sarà la data in cui la Cina lancerà un nuovo tipo di visto pensato per facilitare i laureati delle migliori università in scienze, tecnologia, ingegneria o matematica che desiderano recarsi in Cina per studiare o fare affari.
Questa nuova tipologia di visto fa parte di una più ampia campagna da parte del governo di Pechino per attrarre i migliori talenti scientifici con l’obiettivo finale di essere competitivi con gli Stati Uniti per il predominio tecnologico e geopolitico. Il visto cinese è stato annunciato poche settimane prima che Trump decidesse di imporre una tassa di 100.000 dollari per i visti H-1B destinati ai lavoratori qualificati.
Nel momento in cui l’amministrazione Trump attaccava le università , tagliava i finanziamenti federali alla ricerca e metteva in discussione l’autorità scientifica, la Cina ha investito ingenti somme in ricerca e sviluppo, riuscendo anche ad attrarre alcuni dei migliori scienziati degli Stati Uniti.
Al di là della forza di questo nuovo progetto politico cinese, non è affatto chiaro quanto il nuovo visto K, come viene chiamato in cinese, possa influire sulla ricerca di talenti.
Pechino non ha ancora rilasciato dettagli sul programma, compresi i soggetti idonei o se sarà loro consentito di svolgere un impiego formale. Mentre gli stranieri con conoscenze specifiche hanno da tempo diritto ad altri tipi di visto per entrare in Cina, sebbene con più burocrazia, è difficile per gli stranieri immigrare in Cina in modo permanente.
Ma questo gesto da solo potrebbe contribuire a far sì che la Cina diventi più aperta al mondo, mentre gli Stati Uniti sembrano chiudersi.
Testimonianze di questo cambiamento nello scenario americano provengono dalle parole di George Chen, partner di “The Asia Group”, società di consulenza con sede a Washington e specializzata in politiche tecnologiche, che ha sottolineato come la Silicon Valley sia sempre influenzata dalla cultura “America first”.
Storicamente, le aziende tecnologiche e le università cinesi hanno reclutato principalmente talenti nazionali dati i grandissimi investimenti cinesi sull’istruzione STEM che ha portato il paese ad avere il più alto numero di laureati STEM al mondo.
Tuttavia, la Cina è ancora indietro rispetto agli Stati Uniti in alcuni settori chiave, come i semiconduttori e la biotecnologia, e ha cercato di attrarre talenti stranieri per ridurre il gap. Tuttavia, gli stranieri che si recano in Cina per lavoro o affari devono affrontare, come negli Stati Uniti, una complessa procedura di richiesta del visto, che include, tra i requisiti, la presenza di un’azienda sponsor e talvolta la certificazione da parte del governo cinese come “talento di alto livello”.
Negli ultimi anni, il governo cinese ha cercato di agevolare il processo. Per gli scienziati, ha offerto generosi pacchetti di incentivi e promesso di ridurre la burocrazia. Il nuovo visto K offrirà soggiorni più lunghi, ingressi multipli e non richiederà una lettera di invito da parte di un’azienda.
Il nuovo visto potrebbe essere particolarmente utile per le start-up che non hanno le risorse per richiedere i visti di lavoro tradizionali, oppure per gli studenti stranieri in Cina in cerca di lavoro, ha affermato Angus Chen, un cacciatore di teste per aziende tecnologiche con sede a Shenzhen.
Anche le grandi aziende tecnologiche, come Alibaba o Huawei, potrebbero essere più in grado di assumere consulenti stranieri con breve preavviso.
La Cina deve ancora affrontare molti ostacoli nell’attirare grandi quantità di talenti stranieri. Ci sono barriere linguistiche e differenze politiche e culturali, per non parlare delle numerose difficoltà di ottenere la residenza permanente.
Dan Wang, analista tecnologico e ricercatore presso la Stanford University, ha affermato che la Cina è da tempo attenta alle competenze straniere, ma in modo selettivo e alle proprie condizioni e che, in generale, desidera solo stranieri economicamente produttivi. Inoltre, lo Stato chiarisce che i cittadini stranieri di età superiore ai 60 anni avranno difficoltà a mantenere la residenza in Cina.
Considerando tali misure e politiche, è improbabile che il visto K possa sostituire l’H-1B. La stragrande maggioranza dei titolari di visto H-1B negli Stati Uniti è indiana, ma i rapporti tra Cina e India sono tesi. Quando il Global Times, un tabloid nazionalista, ha pubblicato la notizia che molte testate giornalistiche indiane stavano parlando del nuovo visto cinese, molti utenti cinesi hanno scritto sui social commenti razzisti, affermando di non voler accogliere gli indiani.
Alcuni analisti indiani hanno anche affermato che una procedura di visto più semplice non convincerebbe molto gli indiani a sostituire gli Stati Uniti con la Cina.
Come sostenuto da Santosh Pai, avvocato di Nuova Delhi che fornisce consulenza ad aziende cinesi e indiane, gli Indiani non lascerebbero gli Stati Uniti non tanto perché hanno un visto, ma quanto per lo stile di vita che li porta a voler lavorare lì, viverci e diventare cittadini americani.
Nonostante ci sia una visione alimentata da parte dei media statali cinesi del visto K come prova dell’apertura della Cina, il leader cinese Xi Jinping ha ripetutamente sottolineato la necessità di autosufficienza, per proteggersi dalle incertezze geopolitiche e dalle potenze straniere ostili.
Per questo motivo, come affermato da Chen, sarebbero importante non farsi ingannare dal visto K che può attirare stranieri esperti, ma quest’ultimi devono essere in grado di aiutare a portare avanti il programma nazionale che in ultima battuta mira all’autosufficienza.
Vanni Nicolì – PhD


