Europa-India: verso una globalizzazione tra amici?
- 10 Ottobre 2025

Il progressivo consolidarsi del dialogo tra Unione Europea e India testimonia una metamorfosi del diritto e della politica internazionale: l’emergere di una cooperazione fondata non più sulla mera proiezione economica, ma su una visione del mondo condivisa, orientata all’autonomia strategica e alla pluralità dei centri di potere. Entrambi gli attori, collocati ai margini della tradizionale dicotomia Stati Uniti-Cina, concepiscono oggi la propria relazione come un laboratorio di governance multilivello, in cui il diritto torna ad essere strumento di equilibrio e non di dominio.
Sul piano commerciale e regolatorio, la ripresa dei negoziati per un accordo di libero scambio (FTA) rappresenta la ricerca di nuove relazioni economiche capaci di armonizzare la tutela della sovranità industriale indiana con l’imperativo europeo della sostenibilità. Le tensioni su dazi agricoli, standard ambientali e meccanismi di aggiustamento del carbonio (CBAM) non esprimono soltanto divergenze economiche, ma due differenti fini normativi. Da un lato, l’Europa del diritto-valore, che tende a universalizzare la propria idea di sostenibilità. Dall’altro, l’India del diritto-sviluppo, che concepisce la norma come strumento di emancipazione produttiva.
La cooperazione tecnologica, istituzionalizzata nel Trade and Technology Council, rappresenta il punto in cui il diritto incontra la potenza produttiva della tecnica e ne misura le conseguenze politiche. È il terreno in cui la normatività giuridica, tradizionalmente pensata come limite all’agire, si trasforma in architettura di orientamento, chiamata a dare forma e direzione a processi che eccedono la capacità prescrittiva degli ordinamenti nazionali. L’intelligenza artificiale, i semiconduttori e la cybersicurezza non sono più semplici “oggetti” dell’economia globale, ma categorie politiche in senso pieno: strumenti attraverso cui si ridefinisce la sovranità digitale e, con essa, la possibilità stessa di autodeterminazione dei popoli nell’epoca della computazione diffusa. In questo scenario, l’Europa e l’India rappresentano due modelli giuridici complementari.
L’Europa, forte di una tradizione normativa che ha collocato la persona al centro della costruzione giuridica, dal costituzionalismo ai diritti fondamentali, interpreta la regolazione tecnologica come esercizio di una responsabilità etica verso l’umano, cercando di ricondurre l’autonomia della tecnica entro i confini della dignità e della trasparenza. L’India, invece, porta con sé una visione funzionale e comunitaria della tecnologia: non come minaccia all’individuo, ma come strumento di inclusione e coesione sociale, capace di ampliare l’accesso ai diritti attraverso infrastrutture digitali pubbliche, quali ad esempio l’identità biometrica Aadhaar e i sistemi di pagamento universali UPI.
Proprio nell’intersezione di queste due prospettive prende forma la convergenza euro-indiana: una cooperazione che non mira a uniformare i modelli normativi, ma a produrre interoperabilità valoriale.
Nel campo della sicurezza e della difesa, l’esercitazione congiunta nell’Oceano Indiano e l’allineamento sulla strategia indo-pacifica rivelano la volontà di entrambe di superare la dipendenza dalle architetture atlantiche, sperimentando un modello di cooperazione aperta, non fondato su alleanze ma su interdipendenze consapevoli. La sicurezza marittima, in questo quadro, diviene la figura di un equilibrio fragile: il tentativo del diritto di contenere la potenza senza negarla, di mantenere il conflitto entro limiti che ne preservino la funzione ordinante e impediscano la dissoluzione dell’ordine internazionale.
Sul versante ambientale e climatico, il confronto tra la neutralità europea al 2050 e quella indiana al 2070 non esprime semplicemente una diversa intensità di impegno, ma una diversa temporalità del diritto. L’Europa agisce all’interno di una temporalità dell’urgenza, in cui la norma diviene strumento di accelerazione politica: il diritto si fa anticipazione del futuro, prescrivendo oggi ciò che dovrà valere domani. È la logica della prevenzione assoluta, che rispecchia la volontà di colmare l’asimmetria tra la velocità della tecnica e la lentezza della regolazione.
L’India, al contrario, opera nella temporalità della gradualità necessaria: concepisce il diritto come accompagnamento del mutamento, non come imposizione del suo ritmo. La norma, in questa prospettiva, non è acceleratrice ma mediatrice: deve misurare la sostenibilità politica e sociale della transizione, senza interrompere il processo di sviluppo che costituisce ancora la condizione di legittimità dello Stato post-coloniale. La distanza tra queste due temporalità non è quindi un segno di incompatibilità, ma la rappresentazione di due funzioni complementari del diritto. E tuttavia, proprio nel riconoscimento reciproco dell’idrogeno verde, delle reti intelligenti e della finanza sostenibile, si intravede una possibile sintesi. L’incontro tra l’Europa della responsabilità e l’India della crescita segna il tentativo di superare la dicotomia tra etica del dovere climatico e diritto allo sviluppo, per ricomporle in un nuovo equilibrio normativo. Qui il diritto torna ad essere ciò che dovrebbe sempre essere: una forma di temporalizzazione del possibile, capace di armonizzare la rapidità della trasformazione tecnica con la lentezza antropologica delle società umane.
Infine, nella mobilità delle persone, l’Agenda Comune su Migrazione e Mobilità apre un capitolo di giuridicità nuova, in cui la libertà di circolazione assume il valore di strumento conoscitivo e non solo economico. La diaspora indiana in Europa, lungi dall’essere fattore di dispersione, diviene un elemento di traduzione culturale di due differenti tradizioni normative.
In questa prospettiva, l’asse euro-indiano non è soltanto una somma di interessi convergenti, ma un tentativo di riscrivere il rapporto tra diritto e potere nell’età post-occidentale: un’alleanza tra civiltà giuridiche che, pur muovendo da paradigmi diversi, riconoscono nella pluralità ordinata il presupposto di ogni futuro possibile.
Lorenzo Romagnoli – PhD Student


