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La incerta politica del governo in materia di inserimento lavorativo e inclusione sociale: quali modifiche al testo unico sull’immigrazione

Premessa: il 4 ottobre scorso è entrato in vigore il Decreto legge n. 146 del 3 ottobre 2025 recante “ Disposizioni urgenti in materia di ingresso regolare di lavoratori e cittadini stranieri, nonche' di gestione del fenomeno migratorio” che introduce diverse modifiche normative e misure per l'ingresso e l'assunzione di lavoratori stranieri.

Premessa: il 4 ottobre scorso è entrato in vigore il Decreto legge n. 146 del 3 ottobre 2025 recante “ Disposizioni urgenti in materia di ingresso regolare di lavoratori e cittadini stranieri, nonche’ di gestione del fenomeno migratorio” che introduce diverse modifiche normative e misure  per l’ingresso e l’assunzione di lavoratori stranieri. Le principali novità riguardano aspetti operativi per compilazione delle richieste di nulla osta: messa a regime, perché precedentemente introdotta in via sperimentale, per i procedimenti di ingresso e assunzione di lavoratori stranieri, anche stagionali, il limite di tre richieste di nulla osta, previsto per i datori di lavoro privati e la conseguente estensione del controllo sulle dichiarazioni dei datori di lavoro in fase di precompilazione delle domande di nulla osta. Per quanto riguarda le il permesso di soggiorno adesso è stata allargata la possibilità di svolgere attività lavorativa anche in attesa della sua conversione. Il provvedimento introduce anche misure relative al ricongiungimento familiare, con un innalzamento del termine per il rilascio del nulla osta da 90 a 150 giorni. Da ultimo in materia di contrasto alla criminalità e controllo è stato stabilizzata l’operatività del Tavolo Caporalato e riconoscimento della possibilità di partecipazione alle riunioni anche agli enti religiosi civilmente riconosciuti[1]. Il decreto è stato propedeutico al previsto e dibattuto Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 ottobre 2025. Il D.P.C.M. che definisce i criteri per la determinazione dei flussi di ingresso per motivi di lavoro, nell’ambito e al di fuori delle quote, fissa le quote per il triennio (2026/2028) e dà disposizioni sulle procedure. In tale decreto viene stabilito che saranno ammessi in Italia complessivamente 497.550 cittadini di Paesi terzi, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo assegnandoli tra diversi settori produttivi e categorie contrattuali, indicando, inoltre, il calendario delle domande da parte dei datori di lavoro[2]. Inoltre ai fini della trattazione che segue si segnalano la pubblicazione del rapporto semestrale sui Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA) avvenuta il 30 giugno 2025 a cura del Ministero del Lavoro, nel quale si da atto attraverso l’analisi dei dati storici in termini di presenze assolute che “Se si considera la serie storica delle presenze dei MSNA dal 2021 al 2023, si evidenzia che la presenza dei minori non accompagnati è in costante crescita e nei tre anni i minori non accompagnati sono quasi triplicati: la media mensile delle presenze nel 2021 è pari a 8.216 unità, nel 2022 è pari a circa 16mila minori e nel 2023 a 22.000 minori.  Nel 2024, invece, si assiste ad una inversione di tendenza, con una leggera ma costante decrescita delle presenze che continua anche nel primo semestre del 2025. In termini assoluti, il numero medio dei MSNA accolti nel territorio italiano nel 2024 si attesta sempre al di sopra delle 20mila unità, mentre nei primi sei mesi del 2025 il dato medio mensile delle presenze scende al di sotto delle 17mila unità”[3]. Infine rileva il dato riportato al 29 ottobre 2025 degli sbarchi degli immigrati irregolari sul cruscotto dell’immigrazione a cura del Ministero degli interni che riporta il numero dei migranti sbarcati in Italia dal primo gennaio è di 58.509.

Questi dati statistici e numerici della programmazione servono ad introdurre una valutazione critica, allo stato sulle politiche migratorie del governo in ottica di inserimento lavorativo degli stranieri e quindi di loro inclusione sociale.

  • Genesi e natura dei provvedimenti in materia di programmazione dei flussi.

La genesi o, in maniera più semplicistica, il motivo per il quale nasce l’esigenza per un governo di programmare il numero degli ingressi dei cittadini stranieri sul proprio territorio è legato a valutazioni di tipo sociale e statistico compiute dallo Stato al fine di incrementare la forza lavoro in settori particolarmente carenti per cause che possono essere ricercate nel decremento delle nascite, con il conseguente invecchiamento della popolazione in età lavorativa piuttosto che dalla propensione della popolazione a lavori più qualificati di quelli manuali o considerati più umili. La legislazione del fenomeno migratorio è stata sempre legata a valutazioni sociali e ha attinti agli studi sociologici per compiere scelte politiche di fine o meglio di efficienza per consentire lo sviluppo del sistema produttivo ed economico del paese attingendo cosi alle risorse del capitale umano per bilanciare i deficit produttivi in settori in crisi di manodopera. Il fenomeno viene anche valorizzato dallo sviluppo del progresso e del benessere sociale della cittadinanza dello Stato giacchè una popolazione che migliora i propri standard di benessere sarà sempre meno propensa a svolgere lavori umili e usuranti. Se questa valutazione è tanto condivisibile e diffusa da sembrare semplicistica e scontata in realtà l’approccio alla valutazione delle politiche del contigentamento dei flussi migratori è questione assai più complicata da affrontare se si riflette sui molteplici fattori di valutazione che devono essere tenuti in considerazione al fine di determinare il numero degli ingressi dei lavoratori stranieri.

Sullo sfondo della valutazione vi è una naturale e storicizzata propensione dei governi a conservare la composizione della popolazione, e nel lungo periodo della cittadinanza, quale portatrice di quei valori, intesi come coefficienti sociali, posti a fondamento delle proprie costituzioni. I portatori di interessi e culture diversi qualora diventino un numero importante e rilevante della popolazione prima e dei cittadini, intesi come titolari di diritti e doveri politicamente rilevanti in termini di elettorato, possono determinare cambiamenti di sistema anche rilevanti a livello costituzionale.

Se questa è la cornice reazionaria o di resistenza del sistema giuridico agli ingressi ad essa fa da contraltare l’esigenza economica di progredire in termini di efficacia ed efficienza, non tralasciando, o meglio evitando l’arretramento produttivo di settori, quale storicamente quello agricolo, che per la particolare connotazione, sono più esposti all’abbandono lavorativo con il miglioramento delle condizioni di vita ed economiche della cittadinanza.

La soluzione di sintesi o meglio di equilibrio ritrova nelle politiche inclusive la sua soluzione.

“In tempi moderni il concetto di inclusione sociale rimanda alla capacità della società di far sì che tutti possano partecipare attivamente e beneficiare equamente delle risorse e delle opportunità disponibili.

Ciò comprende l’accesso a servizi essenziali come l’istruzione, la sanità, il lavoro, e la partecipazione alla vita politica e culturale.

Alla base di tutto sta il principio che ogni individuo ha il diritto di vivere con dignità e di avere le stesse possibilità di realizzare le proprie potenzialità”[4].

La domanda che accompagna l’evoluzione delle strategie di inclusione letta in termini di conservazione del sistema giuridico trova la sua risposta fin da tempi risalenti nell’educazione come “fatto sociale” ( Durkeim, 1912) e in quella di Weber nell’istruzione come istituzione al servizio del potere dominante ( Weber 1922)[5].

In altre parole non basta determinare in maniere più o meno corretta il numero dei lavoratori stranieri da accogliere ma è necessario mettere in atto delle strategie di governo che possano realizzare a livello del singolo la sua realizzazione lavorativa e a livello sociale e giuridico educarlo allo condivisioni dei valori giuridici che fondano lo Stato nelle sue espressioni di governo.

In questo senso le politiche securitarie di contrasto all’immigrazione clandestina e allo sfruttamento diventano anch’esse fondamentali per riconsegnare ai migranti in senso di giustizia e tutela da parte dello Stato.

  • le nuove politiche in materia di flussi e contesto sociale

I decreti legge in analisi e le relazioni sono strumenti legislativi e strumenti di analisi governativi che enfatizzano l’equilibrio tra esigenze economiche, integrazione e contrasto all’irregolarità. Evidenzia l’evoluzione normativa verso una programmazione triennale più integrata, con le deroghe per le urgenze.

La disciplina dei flussi migratori è regolata dal Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998, art. 3), che prevede due atti principali:

– Un documento programmatico triennale (DPR), che definisce i criteri generali per i flussi d’ingresso, misure economiche e sociali per gli stranieri in Italia, interventi per relazioni familiari, inserimento sociale, integrazione culturale e reinserimento nei Paesi d’origine.

– Un  decreto annuale(DPCM), che determina le quote massime di ingressi per lavoro subordinato (incluso stagionale) e autonomo, basandosi su dati locali di fabbisogno lavorativo. In assenza del decreto annuale, il Presidente del Consiglio può intervenire transitoriamente.

Orbene il primo dato che appare sintomatico di una programmazione coerente è la specificità operativa per disciplinare la contrattualizzazione dei lavoratori e un generico e quasi assente riferimento a procedure e strategie di inserimento sociale benchè espressamente previste dalla legge.

Il nuovo Decreto Flussi autorizza l’ingresso regolare di 497.550 lavoratori non UE in Italia per motivi di lavoro, un aumento di circa 50.000 unità rispetto al triennio precedente (2023-2025). Tuttavia appare chiara la necessità di una programmazione su dinamiche demografiche più chiare, verificando l’impatto dei decreti passati e considerando tutte le migrazioni (non solo quelle lavorative), fatto che allo stato appare assente e che causa una disorganicità nel sistema di programmazione trasformando in un costo sociale risorse impiegabili già presenti sul territori quali i minori stranieri non accompagnati, le quote di rifugiati e per certi versi anche gli ingressi provenienti dai ricongiungimenti familiari.

In altre parole nonostante i dati siano tutti a disposizione si lavora a compartimenti stagni e si evitano politiche di sensibilizzazione e avviamento al lavori nei settori economicamente più sensibili.

La comparazione statistica deve essere poi riferita ad una analisi demografica della popolazione non immigrata del fabbisogno.

Ad esempio utilizzando proiezioni Eurostat con saldi migratori nulli (ipotesi senza migrazioni nette, non aggiornata al 2023-2024 ma indicativa), si stima per il periodo 1° gennaio 2026 – 1° gennaio 2029:

– Riduzione della popolazione residente di oltre 910.000 unità (circa 300.000 all’anno, in crescita).

– Diminuzione degli under 20 di quasi 620.000 unità.

– Aumento degli over 65 di oltre 750.000 unità, accelerando l’invecchiamento.

– Perdita nella fascia lavorativa (20-64 anni) di 1.050.000 individui (330.000 nel 2026, <350.000 nel 2027, ~375.000 nel 2028).

Assumendo tassi di occupazione costanti al 2024 (distinti per sesso e classi quinquennali), gli occupati 20-64 anni diminuirebbero di 835.000 unità (270.000 nel 2026, <280.000 nel 2027, ~290.000 nel 2028). La perdita maggiore colpisce la fascia centrale (35-54 anni), seguita da 20-34 e 55-64[6].

L’esempio pare da un lato stigmatizzare un errore di analisi in termini di assenza di una visione di dati in aggregato, o meglio che tiene conto di maggiori componenti di base di rilevazione e dall’altro suggerire il metodo “coorti-componenti” per aggiornamenti periodici ovvero quello di scomporre popolazione per coorti e componenti demografiche, integrando tassi occupazionali recenti creando cosi una cornice demo-economica per futuri decreti, trascurando cambiamenti marginali nel mercato del lavoro a breve.

Il risultato di tale metodo di valutazione oltre a portare risultati in termini di efficienza economica portebbe a ridurre i tassi di disoccupazione e quindi i costi sociali di alcune categorie di migranti esclusi dal calcolo di ingresso nel mercato del lavoro e tuttavia già presenti sul territorio.

Rappresentano dati studiati e tuttavia non valorizzati nelle strategie dell’autorizzazioni all’ingresso per motivi di lavoro, il ricongiungimento familiare, che da oltre un decennio, i minori stranieri non accompagnati, non i migranti clandestini in attesa della decisione del riconoscimento della protezione internazionale, in quanto la legge riconosce loro un permesso di soggiorno che consente il lavoro dopo due mesi dalla richiesta, nonché ai rifugiati.

In questa nuova ottica i decreti flussi sono cruciali per e lo diventerebbero ancora di più per ridurre i costi di welfare trasformando in risorse produttive gli stranieri già presenti a vario titolo sul territorio.  

La soluzione risiede nelle politiche inclusive che possono essere implementate con gli stessi meccanismi di perfezionamento delle procedura di ingresso al lavoro per le categorie oggi escluse perché non considerate nelle analisi statistiche dei flussi, ad esempio promuovendo premialità di diritti connessi alla permanenza sul territorio.

I risultati di breve periodo connesse a questa nuova forma di approccio porterebbe ad un maggiore senso di appartenenza comunitaria dello straniero e per converso ad una riduzione di marginalità sociale e quindi di criminalità alle quali alcune categorie di stranieri ( MSNA e richiedenti asilo) sono più esposte..

  1. conclusione

Il Decreto legge n. 146 del 3 ottobre 2025, e il piano programmatico triennale valorizza il ruolo lavorativo dei nuovi immigrati tutelandoli con procedure amministrative più coerenti e accessibili da fenomeni di sfruttamento tuttavia è carente di un organico approccio inclusivo che tiene conto delle altre componenti in termini numerici di stranieri presenti sul territorio. Il deficit programmatico reca con sé innegabili inefficienze di sistema con un aumento e/o comunque una mancata economia sui costi di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati e i richiedenti, e non reca alcuna stringente procedura di inserimento lavorativo nemmeno delle quote relative ai ricongiungimenti familiari.

Se lo sforzo in termini di prevenzione della criminalità legata alla gestione illecita dei flussi migratori e al contrasto del fenomeno del caporalato ha segnato un passo in avanti importante, e direi quasi decisivo, molto deve essere compiuto in termini legislativi in materia di promozione della inclusione sociale.

L’inclusione sociale trova il suo ingresso principale proprio attraverso politiche di collegamento tra le categorie di stranieri non considerate nel dimensionamento dei flussi e le richieste di lavoro.

 In questo senso sarebbero auspicabili anche norme di soft law, quali ad esempio circolari attuative, per rendere efficaci le norme programmatiche già presenti all’interno del testo unico dell’immigrazione, che agevolino l’impiego negli ambiti individuati nel decreto flussi concedendo priorità agli stranieri presenti sul territorio.  

[1] Per gonsultare il testo completo del decreto legge 146/2025 vedi https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2025/10/03/25G00157/sg

[2]  Per consultare il testo completo del decreto e della sua circolare interministeriale attuativa vedihttps://www.lavoro.gov.it/priorita/pagine/flussi-2026-2028-pubblicato-il-decreto-da-oltre-497mila-ingressi

[3]  Per consultare il testo completo della relazione https://integrazionemigranti.gov.it/it-it/Ricerca-news/Dettaglio-news/id/4378/Online-il-Rapporto-di-approfondimento-semestrale-sui-Minori-Stranieri-Non-Accompagnati-in-Italia#:~:text=I%20minori%20stranieri%20non%20accompagnati,6%2C2%25)%2C%20mentre%20le

[4] https://terredeshommes.it/news/inclusione-sociale/#:~:text=In%20tempi%20moderni%20il%20concetto,risorse%20e%20delle%20opportunit%C3%A0%20disponibili.

[5] ROSANGELA LODIGIANI, CAPITALE UMANO, OCCUPABILITÀ, INCLUSIONE SOCIALE: L’EVOLUZIONE DELLA RIFLESSIONE SOCIOLOGICA SUL RAPPORTO TRA ISTRUZIONE E LAVORO inStudi di Sociologia

Anno 39, Fasc. 4 (ottobre-dicembre 2001), pp. 539-559.

[6] https://www.neodemos.info/2025/09/05/il-nuovo-decreto-flussi-servono-persone-ma-anche-numeri-chiari/

 

Aldo Valtimora – Professore a contratto di Diritto internazionale umanitario e Laboratorio di prima accoglienza dei migranti UNINT

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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