Roma-Tirana: il patto energetico sul corridoio adriatico
- 21 Novembre 2025
Il recente vertice intergovernativo tra Italia e Albania, svoltosi a Roma il 13 novembre 2025 e presieduto dai primi ministri Giorgia Meloni ed Edi Rama, ha assunto subito i toni di un appuntamento di portata strategica per l’area adriatica e non solo: sedici accordi firmati, annunci di joint venture industriali e un’attenzione esplicita alle infrastrutture che collegano la Puglia al Mar Nero. Dietro la ritualità delle foto e delle dichiarazioni ufficiali, tuttavia, si intravede una mappa di interessi che combina sicurezza energetica, tentativi di integrazione economica regionale e una corsa a costruire corridoi logistici che possano alleggerire la dipendenza europea da rotte e forniture percepite come vulnerabili. I testi e le note ufficiali del governo italiano descrivono il vertice come «un momento di ulteriore rafforzamento della cooperazione strategica bilaterale», con investimenti e progetti concreti sul tavolo.
Al centro delle dichiarazioni di Palazzo Chigi e di Villa Doria Pamphilj è ritornato il tema del cosiddetto “Corridoio 8”, noto anche nella letteratura tecnica come Pan-European Corridor VIII, un asse multimodale pensato per collegare i porti adriatici della Puglia (Bari/Brindisi) alla costa bulgara del Mar Nero passando per Albania e Nord Macedonia. Il progetto, ideato decenni fa nell’ambito degli sforzi di integrazione dei Balcani con l’Europa, non è solo una questione di asfalto e rotaie: nella retorica diplomatica assume la forma di leva per sviluppo economico, integrazione logistica e diversificazione energetica e commerciale dell’Europa sud-orientale. Le analisi istituzionali ricordano che il Corridoio 8 combina collegamenti marittimi, stradali e ferroviari e che la sua piena operatività richiede investimenti coordinati su più Paesi e decenni di lavoro infrastrutturale.
L’energia è stata l’altro asse cruciale del vertice, e qui si sovrappongono elementi pratici e simbolici. Da un lato è stato rilanciato il progetto di connettività elettrica e la proposta, sostenuta anche da partner esterni, come gli Emirati Arabi Uniti, di costruire un collegamento sottomarino che permetta scambi significativi di energia rinnovabile tra le coste italiane e albanesi. Il piano, nella versione richiamata dai comunicati e dalla stampa albanese, immagina cavi e infrastrutture in grado di trasferire verso l’Italia (ma anche verso altri nodi regionali) energia solare e eolica generata in aree dove i costi e la disponibilità di superfici sono maggiori. L’idea risponde a due urgenti esigenze: aumentare la capacità di importazione di elettricità rinnovabile nei mercati europei sud-occidentali e offrire all’Albania un modello di valorizzazione delle proprie risorse energetiche su scala regionale. Il governo italiano e quello albanese hanno indicato questo filone come «solo l’inizio» di una più ampia cooperazione energetica che potrebbe coinvolgere anche Paesi dell’area balcanica orientale.
Parallelamente ai piani per l’elettricità, la questione del gas continua a essere parte integrante della strategia energetica regionale. L’Albania, paese che storicamente ha puntato molto sull’idroelettrico ma che negli ultimi anni ha avviato piani per diversificare il mix energetico, si trova ora ad acquisire un ruolo più concreto nelle rotte del gas: il Trans Adriatic Pipeline (TAP), che attraversa Grecia e Albania e sbocca in Italia, è già una linea fisica che collega il Caspio e parte del Medio Oriente al mercato europeo; le recenti espansioni di capacità e le ipotesi di condivisione di flussi con l’Albania, che potrebbe ricevere volumi supplementari dai programmi di espansione, rendono la cooperazione italo-albanese più rilevante dal punto di vista della sicurezza delle forniture regionali. Allo stesso tempo rimangono sul tavolo progetti di pipeline complementari come l’Ionian Adriatic Pipeline (IAP), tuttora concepito come bussola di diversificazione per i Paesi dell’Adriatico meridionale. L’impianto di queste iniziative, però, dipende da condizioni di finanziamento e dalla capacità politica dei diversi governi di sincronizzare regolamentazioni e appalti.
Il vertice di Roma ha inoltre prodotto segnali concreti sul fronte industriale e della difesa, che contribuiscono a disegnare una visione di partnership strategica più profonda. Tra i documenti firmati figura un memorandum tra Fincantieri e l’azienda albanese KAYO per la creazione di una joint venture navale in Albania: l’accordo è emblematico perché traduce la cooperazione politica in insediamenti produttivi, trasferimento di tecnologia e sviluppo di filiere locali legate sia al settore civile sia a quello della difesa. Questo tipo di patti rientra in una logica più ampia: consolidare capacità industriali nel bacino adriatico, ridurre barriere logistiche e creare poli che possano servire sia il mercato mediterraneo che quello balcanico.
Non bisogna, però, confondere le aspirazioni con lo stato reale dei fatti. Il Corridoio 8, nella sua versione ideale, richiederebbe una sequenza di investimenti coordinati e la soluzione di nodi tecnici, legali e finanziari che ancora frenano la sua realizzazione. Le infrastrutture ferroviarie nei Paesi attraversati sono spesso frammentarie: tratti da ammodernare, gap negli snodi portuali e questioni di interoperabilità sono ostacoli noti. Sul piano finanziario, la conversione delle promesse in cantieri effettivi implica il cofinanziamento di istituzioni europee (Banca europea per gli investimenti, strumenti UE come il Global Gateway), capitale privato e, talvolta, garanzie sovranazionali che possano mitigare rischi geopolitici.
Dal punto di vista geopolitico, questo intreccio di infrastrutture energetiche e di trasporto assume un significato che va oltre la relazione bilaterale: il rafforzamento del collegamento Puglia–Albania–Macedonia del Nord–Bulgaria significa offrire all’Europa un asse alternativo rispetto alle rotte nordiche o ai percorsi energetici che passano esclusivamente per il corridoio settentrionale. In una fase di instabilità geopolitica europea, le capitali europee guardano con interesse a soluzioni che aumentino la resilienza delle reti elettriche e delle infrastrutture di approvvigionamento. Per l’Italia, il rafforzamento dei legami con l’Albania non è solo questione di vicinato culturale ed economico, ma una leva per ancorare un corridoio strategico al mercato italiano e ai porti pugliesi, con potenziali ritorni in termini di traffici, investimenti e influenza regionale. Questa lettura, tuttavia, implica anche la necessità di gestire delicati equilibri: attrarre investimenti esterni senza creare nuove dipendenze e negoziare con Bruxelles strumenti di finanziamento che siano sostenibili e compatibili con gli obiettivi climatici dell’UE.
In conclusione, il vertice di Roma ha sancito una volontà politica chiara: trasformare l’asse adriatico in un perno strategico che integri trasporto ed energia, con l’Italia a giocare il ruolo di partner e hub naturale per l’Albania. Ma la distanza tra annunci e realizzazioni resta significativa. Il Corridoio 8, nel suo significato più alto, rappresenta un’opportunità per ridisegnare la geografia economica e energetica del Sud-Est europeo; per diventare realtà, tuttavia, avrà bisogno di risorse, governance multilivello, e di un’attenta calibrazione geopolitica che salvaguardi l’autonomia europea e la sostenibilità dei piani energetici e infrastrutturali. Se i prossimi mesi vedranno la firma di contratti, lancio di gare e un coinvolgimento strutturato degli strumenti finanziari europei, allora la proposta potrà davvero trasformarsi in rotaie, cavi sottomarini e terminal portuali che collegano la Puglia al Mar Nero.
Stefano Lovi – PhD Candidate