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Geopolitica del primo viaggio all’estero di Papa Leone XIV

All’atto del suo insediamento, l’8 maggio 2025, Papa Leone XIV aveva parlato di una pace disarmata e disarmante. In occasione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, che sancì l’unità della Chiesa cristiana, il suo viaggio in Turchia e in Libano, dal 27 novembre al 2 dicembre, sembra avere più significati.

All’atto del suo insediamento, l’8 maggio 2025, Papa Leone XIV aveva parlato di una pace disarmata e disarmante.

In occasione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, che sancì l’unità della Chiesa cristiana, il suo viaggio in Turchia e in Libano, dal 27 novembre al 2 dicembre, sembra avere più significati.

L’idea di pace tra Israele e Gaza e tra Russia e Ucraina non può prescindere dall’avvio di un dialogo che non deve essere solo interreligioso, perché il conflitto in corso, in particolare tra Israele e Gaza, non è solo interreligioso. Ha radici ben più profonde: storiche, politiche, territoriali, economiche.

E qual è il ruolo della Turchia? Forse è definito in primo luogo dal suo essere una terra di confine: stato transcontinentale tra Asia ed Europa, stato a maggioranza islamica ma non arabo, stato che non può definirsi certo una democrazia, ma che è comunque un contenitore di tantissime diverse culture che hanno convissuto per secoli. In sintesi, la Turchia è uno stato laico, non ha una religione di Stato; la Costituzione turca prevede la libertà di religione e di coscienza.

Forse anche per questo il Papa comincia da qui.

Analogamente, da un altro punto di vista, la Città del Vaticano non è tecnicamente una democrazia, non ha un Parlamento. Anche prima della fine del potere temporale dei Papi, avvenuta nel 1870, il pontefice era un principe elettivo, senza dinastia, a capo di uno stato con una forma istituzionale completamente a sé stante.

Oggi il Papa, privo di poteri politici, ma comunque  rappresentante di una religione, il Cristianesimo, che ha modificato nel corso di due millenni gli equilibri del mondo intero con un messaggio di pace, è un interlocutore super partes in qualsiasi conflitto.

Quaranta minuti in tutto di confronto il 27 novembre: venti tra le delegazioni di Santa Sede e Turchia, e poi altri venti minuti tra Papa Leone XIV e  il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan, incontrato ad Ankara. 

Il Papa ha rivolto un augurio specifico alla Turchia: “Possa essere un fattore di stabilità e di avvicinamento fra i popoli, a servizio di una pace giusta e duratura” definendola “un ponte tra Est e Ovest, tra Asia ed Europa”.

Appelli definiti “preziosi  per il successo del processo diplomatico” da Erdogan  sia con  riferimento al conflitto tra Mosca e Kiev sia per quanto riguarda la questione palestinese, anche se ha ricordato che nel conflitto nella Striscia “uno dei luoghi di culto colpiti da Israele è stata la Chiesa della Sacra Famiglia, l’unica chiesa cattolica di Gaza”.

Recep Tayyip Erdogan in questo momento ha un ruolo di rilievo in tutti gli scenari geopolitici, ma dovrebbe rispondere anche di un accentramento di poteri in patria tramite arresti di avversari politici e persecuzioni giudiziarie.

E’ necessaria più libertà per i cristiani in Turchia, anche se rappresentano solo lo 0,05% della popolazione.

Il Libano, seconda tappa della visita, è un piccolo Stato che si affaccia sul Mediterraneo. Devastato da anni di guerra, cerca comunque di proteggere le tante culture e religioni che ospita e cerca di essere una democrazia, anche se il livello di libertà di informazione è basso – 132° su 180 Stati, secondo la classifica del World Press Freedom Index-  e in termini di diritti politici e libertà civili risulta solo parzialmente libero, raggiungendo un punteggio di 13/40 per la tutela dei primi e di 26/60  per la protezione delle seconde, ed un livello complessivo pari a 39/100 nella classifica mondiale 2025 redatta da Freedom House.

Ma non è un caso che si parta da qui. Perché la molteplicità delle culture che hanno attraversato questi Paesi ha creato comunque in passato dialoghi con mondi diversi, linguaggi, scambi di informazioni, di idee. La de-escalation dei conflitti, di qualsiasi conflitto, inizia proprio così: con le parole e l’ascolto, elementi che più volte hanno attraversato nella Storia il Mediterraneo. Mare che divide, ma che talvolta unisce. 

Tornando alle parole del Pontefice, una pace disarmata è una pace che non minaccia la guerra per mantenersi. Una pace disarmante è una pace capace di far comprendere all’altro che la strada della non violenza è sempre la migliore.

E il 2025 sembra chiudersi, oltremare, con questa sfida.

 

Elisa Latella 

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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