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Il Ramadan: il mese sacro dei musulmani

Il Ramaḍān è il nono mese del calendario islamico. Etimologicamente deriva dal verbo ramaḍa “cuocere una capra nella sua pelle” e, quindi, “bruciare”. È perciò un termine collegato a qualcosa che brucia, probabilmente perché all’inizio dell’Islam cadeva in piena estate. Poiché è un mese lunare in un ciclo di 36 anni attraversa tutte le stagioni. È il mese del digiuno, ṣawm, che con la professione di fede, shahādah, la preghiera rituale, ṣalāt, la tassa dell’elemosina, zakāt, e il pellegrinaggio alla Mecca, ḥajj, costituisce uno dei cinque pilastri, arkān, dell’Islam. In origine il Profeta Muhammad aveva conservato il digiuno ebraico del Kippur ma nel secondo anno dell’Egira, 624 d.C., istituì il digiuno per tutto il mese di Ramaḍān. È un digiuno severissimo che comporta astinenza da cibi, bevande e rapporti sessuali dall’alba al tramonto. Sono dispensati bambini, vecchi, donne incinte, malati, viaggiatori ed altre categorie di fedeli. Il digiuno del Ramadan si conclude con la festa detta ʿId al-fiṭr o “festa della rottura”, una delle più solenni dell’Islam.

I versetti coranici che parlano del Ramaḍān sono i seguenti:

È nel mese di Ramaḍān in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvazione, non appena ne vedete la luna nuova, digiunate per tutto quel mese, e chi è malato o in viaggio digiuni in seguito per altrettanti giorni. Iddio desidera agio per voi, non disagio, e vuole che compiate il numero dei giorni e che glorifichiate Iddio, perché vi ha guidati sulla retta Via, nella speranza che gli siate grati. (Cor. 2, 185).

Durante il Ramaḍān i fedeli attendono la Notte del Destino, Laylat al-Qadr, che cade tra il 26 e il 27 del mese e che corrisponde alla notte in cui il Profeta Muhammad ricevette le prime Rivelazioni (Cor. 97,1). Secondo i commentatori musulmani fu in quella notte che l’arcangelo Gabriele, in arabo Jibrīl, trasportò il prototipo celeste del Corano, che si trovava nel settimo cielo, al nostro cielo da dove lo rivelò poi a Muhammad “a brani successivi” (Cor. 17,106). Nella Notte del Destino Dio stabilisce il destino di ogni cosa per l’anno seguente ed esaudisce le preghiere che gli sono rivolte. Durante queste Notti vengono organizzate nelle moschee delle preghiere comuni note con il nome di Qiyam al-Layl.

Il Kitāb al-Ṣawm, o Libro del Digiuno, fu scritto dal persiano Al-Bukhārī (vissuto dal 810-870 d.C. e famoso, insieme ad Ibn al-Hajjaj per le raccolte di ḥadīth, ovvero dei fatti e dei detti attribuiti al Profeta Muhammad ed ai Ṣaḥāba, i suoi Compagni). Esso riporta degli ḥadīth relativi alla pratica del digiuno del Ramaḍān così come praticato dal Profeta e dai Compagni dell’era protomusulmana.

Ecco alcuni passi tratti dal Kitāb al-Ṣawm:

Sull’autorità di Ibn ‘Umar (che Dio si compiaccia di lui), ci è stato tramandato che il Profeta osservava il digiuno nel decimo giorno di Muḥarram (Āshūrā) ed ha ordinato ai musulmani di digiunare in quel giorno. Quando, però, venne prescritto il digiuno del Ramaḍān quello dell’Āshūrā fu abbandonato.

Sull’autorità di Abū Hurairah (che Dio si compiaccia su di lui) ci è stato tramandato che il Profeta ha detto: “Il digiuno è una protezione (un rifugio o uno schermo contro l’Inferno). Così la persona che osserva il digiuno dovrebbe astenersi dalle relazioni sessuali con la propria moglie e non dovrebbe agire in modo impulsivo ed impudente. Se qualcuno vuole attaccarlo oppure lo offende dovrebbe dire due volte «sto digiunando»”. Il Profeta ha aggiunto: “Per Colui nelle cui mani si trova la mia anima, l’odore che proviene dalla bocca di qualcuno che osserva il digiuno è più gradito a Dio l’Eccelso di quello del muschio. Dio dice relativamente alla persona che digiuna: «Costui si è astenuto dal cibo, dalla bevanda e dal desiderio sessuale per amore di Me. Il digiuno è per Me. Così lo ricompenserò e la ricompensa per le sue azioni viene moltiplicata 10 volte»”.

Sahl, che Dio si compiaccia su di lui, ci ha tramandato che il Profeta ha affermato: “In Paradiso vi è una porta chiamata Ar-Raiyan e coloro che osservano il digiuno vi entreranno il Giorno della Risurrezione. Vi entreranno solo costoro e nessun altro potrà varcarla. Sarà domandato: «Dove sono coloro che erano soliti osservare il digiuno», costoro si alzeranno in piedi e nessun altro vi entrerà. Dopo che saranno entrati la porta sarà chiusa e nessuno potrà più entrarvi”.

Sull’autorità di Abu Hurayrah (che Dio si compiaccia di lui) ci è stato tramandato che il Profeta di Dio ha affermato: “Quando inizia il mese di Ramaḍān le porte del Paradiso vengono aperte e quelle dell’inferno chiuse, mentre i demoni vengono incatenati”.

Sull’autorità di ‘Ibn Umar (che Dio si compiaccia di lui) ci è stato tramandato che il Profeta di Dio ha affermato: “Quando vedete la luna crescente del mese di Ramaḍān cominciate ad osservare il digiuno. Quando invece vedete la luna crescente nel mese di Shawwāl terminate di osservare il digiuno. Se il cielo è nuvoloso, e non potete scorgere la luna, allora considerate il mese di Ramaḍān composto di trenta giorni”.

Ibn ʿAbbās (che Dio si compiaccia di lui) ci ha tramandato che il Profeta era una delle persone più generose e lo era ancora di più durante il mese di Ramaḍān quando Jibrīl (la pace sia su di lui) veniva a visitarlo. Jibrīl era solito incontrarlo ogni notte del Ramaḍān fino alla fine del mese. Il Profeta era solito recitare il Nobile Corano a Jibril e quando Jibrīl lo incontrava era solito essere più generoso del vento fresco inviato da Dio con le buone nuove della pioggia, nella sua sollecitudine e prontezza verso gli atti di carità.

A cura di Maria Albano

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Fonti: 

Cherubino M. Guzzetti, Islam, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2003.

Muhammad al-Bukhari, Kitab al-Sawm (il libro del digiuno), traduzione e note di Sabrina Lei, Tawasul Europe, 2020.

Traduzione dal Corano di Alessando Bausani, Rizzoli, Milano, 1988.

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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