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Decreti “motosega” e distacco dai Brics: come inizia la rivoluzione mileiana

Il nuovo governo argentino guidato da Javier Milei insediatosi il 10 dicembre sta mantenendo fede alle promesse elettorali: con il decreto 8/2023 del 10 dicembre sono stati stabiliti i nuovi ministeri, che da diciotto sono diventati otto: Interni, Affari Esteri, Commercio Internazionale e Culto, Difesa, Economia, Infrastrutture, Giustizia, Sicurezza, Salute e, infine, Capitale Umano, a cui saranno demandate questioni di istruzione, lavoro, sviluppo sociale e cultura. Tra i grandi assenti, il Ministero dell’Istruzione e quello della Cultura.

In merito alla liberalizzazione dell’economia, il 29 dicembre è entrato in vigore il Decreto di necessità e urgenza (Dnu) e avrà forza di legge per almeno due mesi. Il maxi-provvedimento, di 366 articoli, dovrà essere valutato da una commissione bilaterale permanente del parlamento, cui spetta il compito di valutare, tra le altre cose, i requisiti di “necessità e urgenza” posti a motivazione del decreto, per poi venire esaminato nelle plenarie di Camera e Senato, le quali potranno solamente accettarlo o respingerlo, senza possibilità di modifiche. Questo ultimo passaggio dovrebbe essere rinviato almeno al 1° marzo. 

Intento del decreto è favorire la presenza effettiva in tutto il paese di un’economia che si fonda su scelte libere fatte in un ambiente di sana competizione, nel rispetto della proprietà privata e dei principi costituzionali che permettono la libera circolazione di beni, servizi e persone. Inoltre, propone di convertire le aziende di proprietà pubblica in società per azioni, con l’obiettivo futuro di privatizzarle, e intende cancellare una serie di leggi, accusate di ostacolare l’iniziativa privata. Fino ad ora, sono state presentate oltre 25 richieste di sospensione della Dnu ai tribunali da sindacati, avvocati e Ong. Tale cambiamento nella politica estera commerciale implica che lo Stato non avrà più il permesso di favorire le specifiche imprese locali nei contratti pubblici, né ci saranno quote privilegiate per il mercato interno. Questa svolta è giustificata dalla necessità di conformarsi alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale del commercio e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

Gli aspetti più controversi della riforma del mercato del lavoro riguardano l’estensione del periodo di prova da tre a otto mesi, la riduzione dell’indennizzo in caso di licenziamento, le limitazioni del diritto di sciopero e la possibilità di licenziamento in caso di occupazione del luogo di lavoro. A tal proposito, il 3 gennaio un tribunale del lavoro argentino ha sospeso temporaneamente il Dnu, in seguito al ricorso presentato dalla Confederazione generale del lavoro (Cgt), poiché, stando alle valutazioni della corte, non sono presenti motivi di urgenza tali da approvare un decreto di così grande entità nei primi giorni di presidenza di Javier Milei, a cui ha fatto seguito la promessa del governo di fare ricorso.

Il 27 dicembre, Milei ha inoltre presentato un disegno di legge, chiamato “Legge delle basi e dei punti di partenza per la libertà degli argentini” ma rinominato “Legge Omnibus”, contenente un’ampia serie di riforme strutturali che, se ratificate, potrebbero portare a significativi cambiamenti per l’Argentina. La proposta include 664 articoli, in cui sono presenti un’importante riforma elettorale, la privatizzazione di circa quaranta aziende statali, l’incremento delle sanzioni per coloro che organizzano proteste non autorizzate, semplificazione del processo di divorzio e l’allargamento del concetto di “legittima difesa”.

L’elenco delle aziende che la legge intende privatizzare include: la compagnia petrolifera YPF e quella di estrazione del carbone YCRT, la compagnia aerea e quella ferroviaria statale, l’azienda che gestisce la rete idrica AySa, l’agenzia stampa Télam, il Banco de la Nación e tutte le sue filiali, ossia la banca centrale argentina, e la compagnia elettrica statale Nucleoeléctrica Argentina.

La legge prevede anche un temporaneo trasferimento di poteri dal parlamento al presidente per motivi di emergenza, invocando una dichiarazione di emergenza pubblica, aspetto che preoccupa l’opposizione per il possibile consolidamento dei poteri sotto la figura di Milei. Lo stato di emergenza previsto dal disegno di legge potrebbe durare fino al 31 dicembre 2025, con la possibilità di un’estensione di ulteriori due anni: un’eventualità che ricoprirebbe l’intero mandato del neopresidente. In risposta alle varie riforme proposte dal nuovo governo, la Cgt ha proclamato uno sciopero generale per il 24 gennaio. Nel caso in cui il Parlamento dovesse opporsi all’approvazione del megadecreto, Milei ha promesso la convocazione di un plebiscito, spostando la decisione dal Parlamento al popolo. 

In riferimento alla politica estera, il nuovo governo ha confermato il 29 dicembre che il Paese non accetterà l’invito di adesione al blocco di Paesi emergenti Brics, da cui erano stati formalmente invitati nell’agosto del 2023, durante l’ultima riunione del gruppo a Johannesburg in Sudafrica. Ciò conferma l’inversione di rotta del paese rispetto al precedente governo, cercando di riallineare l’Argentina all’agenda politica degli USA. Tuttavia, facendo un leggero passo indietro rispetto alle sue precedenti dichiarazioni, in cui disse che il suo governo non si sarebbe allineato con i paesi comunisti, ha sottolineato l’impegno al potenziamento delle relazioni bilaterali con i membri del Brics, mirando a incrementare gli scambi commerciali e gli investimenti internazionali.

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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