“Si fui nazi, me arrepiento” Chi è Rodolfo Barra, nuovo Procuratore generale del Tesoro argentino?
- 8 Dicembre 2023
Nel fine settimana, a quarant’anni dalla fine della dittatura militare, è atteso l’insediamento di Javier Milei alla Casa Rosada, sede centrale del potere esecutivo di Buenos Aires in Plaza de Mayo, nonché monumento nazionale. Nel frattempo, il popultista di estrema destra eletto presidente dell’Argentina lo scorso 19 novembre fa già discutere per una delle sue nomine nella squadra di governo. A suscitare scalpore, nello specifico, è stata l’investitura di Rodolfo Barra, avvenuta il primo dicembre scorso, come Procuratore generale del Tesoro Nazionale (avvocato dello Stato), una delle caselle chiave del potere argentino.
Rodolfo Barra, avvocato di 76 anni il prossimo 19 dicembre, è stato ai vertici della politica argentina nel corso degli anni ‘90. Durante il decennio liberale di Carlo Menem, infatti, Barra ha mosso i primi passi come viceministro alle Opere Pubbliche insieme a Roberto Dromi, artefice del famoso “todo lo que deba ser estatal, será privatizado” caldeggiato in campagna elettorale dal neo presidente Milei. Successivamente, Barra fu prima giudice della Corte Suprema tra il 1989-1993, e in seguito ministro della Giustizia promotore della Costituzione del 1994. La sua uscita dal governo merita un approfondimento. Due anni dopo, nel 1996, un’inchiesta del rotocalco Noticias, infatti, costrinse Barra alle dimissioni, denunciando il suo passato nelle fila del Movimiento Nacionalista Tacuara, un gruppo peronista di simpatie neo-naziste responsabile di numerosi reati di natura antisemita nel corso degli anni ‘60. “Si fui nazi, me arrepiento”, aveva dichiarato all’epoca l’ex ministro, dopo che un reportage di Página 12, sulla scia di quanto pubblicato da Noticias, aveva evidenziato l’arresto di Barra in gioventù per un attacco contro una sinagoga. In aggiunta, il magazine Noticias aveva pubblicato una foto di Barra all’età di soli 13 anni mentre faceva il saluto nazista. Va sottolineato che le dimissioni giunsero alla vigilia di una massiccia manifestazione di protesta organizzata dalla comunità ebraica argentina – la più grande dell’America Latina – nella Plaza de Mayo. Il contesto, ieri come oggi, era particolarmente carico di tensione. Profondamente impressi nella memoria collettiva rimanevano, infatti, gli attentati terroristici del 1992 e 1994, contro l’ambasciata israeliana a Buenos Aires e l’Asociación Mutual Israelita Argentina (AMIA), i più gravi della storia argentina.
Non sorprende quindi come, mentre in Medio Oriente imperversa una guerra feroce e senza esclusione di colpi tra lo Stato di Israele e Hamas, non si sia fatta attendere la risposta della comunità ebraica di fronte all’immagine di quella copertina di allora, divenuta virale questo fine settimana dopo l’annuncio della nomina di Barra. Sulla piattaforma di social media X (ex Twitter), Il Forum argentino contro l’antisemitismo (FACA), composto da numerosi intellettuali, giornalisti e accademici, ha definito la nomina «un affronto diretto allo spirito democratico e inclusivo» dell’Argentina, esortando Milei a riconsiderare la sua nomina. Ciò è in linea con la posizione assunta da Memoria Activa, un’associazione formata dai parenti delle vittime degli attentati all’AMIA e all’ambasciata israeliana, che a quasi 28 anni dai tragici eventi chiede anche le dimissioni di Milei.
La nomina di Barra, tuttavia, sembra contraddire apertamente la retorica filoisraeliana di Milei, che ha più volte affermato di considerarsi un «grande fan» di Trump e di Israele, confermando l’intenzione di trasferire l’ambasciata dell’Argentina da Tel Aviv a Gerusalemme. Inoltre, il suo programma di politica estera prevede un chiaro riavvicinamento con gli Stati Uniti e Israele, ritenuti i suoi «alleati naturali». Lo stesso ministro degli esteri israeliano Eli Cohen si è detto entusiasta della vittoria elettorale di Javier Milei, esprimendo la volontà di collaborare per rafforzare i legami tra i due paesi. La rilevanza del tema ha raggiunto una dimensione internazionale, come riportato anche sul quotidiano israeliano Haaretz, che ha titolato: «In Argentina, Milei ha nominato un ex neo-nazista come capo del massimo ufficio legale nazionale». Tuttavia, la DAIA, ossia la delegazione delle associazioni israelite argentine, ha reagito alla nomina con toni più pacati, evidenziando come negli anni ’90 Barra si scusò per i suoi comportamenti di quando era giovane. Inoltre, la delegazione ha sottolineato come parte integrante dei suoi doveri in qualità di Procuratore generale sarà quella di lottare contro l’antisemitismo e la discriminazione.
Parallelamente, il futuro funzionario di Milei non ha mai negato il suo profilo profondamente religioso e i suoi legami con l’Opus Dei, uno dei settori più conservatori della Chiesa cattolica. Dopo le dimissioni del 1996, Barra riapparve pubblicamente nel 2020 durante il dibattito svoltosi al Congresso sull’interruzione legale della gravidanza, in cui si dimostrò un convinto oppositore del progetto a favore dell’aborto sicuro. Altro punto in comune con l’agenda politica di Milei.
Non resta che assistere a come si muoverà Barra nel nuovo governo guidato da Milei, il quale ha più volte affermato di voler intraprendere una politica con un’inclinazione più filo-occidentale e filo-israeliana.