Fondi russi congelati: il possibile fronte di aiuto all’Ucraina
- 7 Marzo 2024
Dall’inizio della guerra in Ucraina, nel febbraio 2022, Stati Uniti e Unione europea sono stati in prima linea per un sostegno incondizionato a Kiev. Questo supporto si è, sostanzialmente, caratterizzato per aiuti economici e militari affinché le forze ucraine potessero contrastare l’avanzata di Mosca.
Ora, lo scenario del conflitto sta vedendo una ripresa dell’esercito russo, con Kiev in difficoltà. In questa prima parte di 2024, i problemi derivano, in grande parte, dalla fine delle risorse economiche legate al budget dell’Esecutivo da parte di Biden e l’ostruzionismo del Congresso che vorrebbe barattare i suoi fondi con alcune concessioni del Presidente in materia di politiche migratorie e di sicurezza sul confine con il Messico. Al momento, l’UE, che ha già portato un sostegno all’Ucraina pari a 28 miliardi di euro, si ritrova da sola sul versante del sostegno economico.
Per questa ragione (considerando anche la ripresa militare russa), la Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha esortato durante un discorso al Parlamento europeo i leader dei 27 Paesi membri a discutere la proposta di utilizzare i profitti derivanti dagli asset russi congelati per finanziare l’esercito ucraino. Tale strategia, secondo la von der Leyen, darebbe anche un segnale molto forte a Mosca.
L’invito della Presidente arriva dopo che il segretario del tesoro americano, Janet Yellen, ha suggerito la necessità di trovare un modo per scongelare a favore dell’Ucraina questi fondi e utilizzare i profitti provenienti da questi. Lo stesso segretario ha anche sottolineato come questa pratica vanti un importante precedente di diritto internazionale. Nello specifico, nel 1992, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU autorizzò una simile procedura al fine di sequestrare i beni iracheni congelati ed utilizzarli per il risarcimento delle vittime causate dall’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq.
In effetti, l’utilizzo di questi fondi sarebbe importante, considerando anche tutti gli effetti causati dagli attacchi russi. L’esercito di Mosca ha raso al suolo diversi insediamenti e città in Ucraina e, secondo le stime della Banca Mondiale nel marzo dello scorso anno, si ritiene che sarebbero necessari 411 miliardi di dollari per la ricostruzione e la ripresa dell’Ucraina. Da quella stima è passato un altro anno e questo significa che la cifra di cui sopra è sicuramente destinata a salire.
Per quanto, in Europa, il sostegno alla causa ucraina sia forte e l’idea americana, ribadita e sostenuta con forza in Commissione e Parlamento UE, possa essere condivisa, i leader dei 27 Stati membri stanno valutando la possibilità meramente legale di compiere questa operazione.
Nonostante il precedente dell’Iraq, le due situazioni non sono perfettamente sovrapponibili. Nel primo caso, infatti, i beni erano stati sottoposti a sequestro, mentre per le risorse russe parliamo di congelamento. Per la Russia sarebbe “semplice” contestare il sequestro dei suoi beni in tribunale e, in assenza di una decisione, con il caso ancora pendente, i fondi rimarrebbero congelati e inutilizzabili. sia per Mosca che per Kiev.
Evitare che un contenzioso del genere possa arrivare in un tribunale europeo potrebbe minare la fiducia del pubblico nel sistema legale.
Dall’altra parte, Mosca ha avvertito l’Occidente che interverrà confiscando i rimanenti beni russi delle aziende di quelli che definisce Paesi ostili, nel caso di utilizzo dei fondi congelati.
Passare dal congelamento al sequestro significherebbe poter accedere a 285 miliardi di dollari (cifra di grande importanza se consideriamo il dibattito nel Congresso americano per inviare aiuti a Kiev per il valore di 60 miliardi), ma qualche voce critica mette in evidenza il fatto che un’azione del genere possa minare la fiducia dei mercati finanziari occidentali.