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Ad Astana Putin e Xi Jinping delineano un nuovo ordine mondiale anti Occidente. La politica ambigua di Erdogan

Il 3 luglio 2024, riuniti in Kazakistan, i leader dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai hanno riaffermato il loro impegno per rafforzare l’asse del Sud globale con superpotenze e paesi emergenti, cercando di costruire “un solido contrappeso all’influenza occidentale”. La Turchia gioca su tutti i fronti. Ankara al Cremlino: “Possiamo gettare le basi per un accordo di pace tra Mosca e Kiev”.

 

La Dichiarazione di Astana non lascia dubbi sull’obiettivo: ““impegno per la formazione di un ordine mondiale multipolare” equo”. Durante il 24° vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), intitolato “Rafforzare il dialogo multilaterale, tendere verso una pace e una prosperità sostenibili”, i presidenti di Russia, Vladimir Putin , e Cina, Xi Jinping, hanno salutato il gruppo regionale come una forza per la stabilità globale, visto da Mosca e Pechino come uno strumento per contrastare l’influenza delle liberal-democrazie occidentali.

 

Il capo del Cremlino ha dichiarato che “il mondo multipolare è diventato una realtà ”, come comunicato dall’agenzia di stampa russa Tass. Xi Jinping, dal canto suo, ha insistito sulla necessità che la SCO sia “dalla parte giusta della storia”,  quella dell’ “equità e della giustizia” , ​​sottolineando l’importanza di resistere alle “ingerenze esterne”, riferimento diretto alle pressioni dell’Occidente. Effettivamente il leader cinese, e il presidente russo stanno corteggiando i leader dell’Asia centrale e spingendo un’alternativa all’ordine guidato dagli Stati Uniti.

 

Una piattaforma in espansione

I due leader si sono incontrati nella capitale del Kazakistan durante il vertice dell’organizzazione, di cui la Turchia è un paese osservatore. Riflettori puntati anche su Erdogan, dunque, che ha espresso a Putin la sua volontà di “stabilire le fondamenta per un accordo che metta fine al conflitto tra Russia e Ucraina”, iniziando con un cessate il fuoco, seguito da una pace “equa” che soddisfi entrambe le parti, Mosca e Kiev. Con questa dichiarazione, la Turchia si posiziona come il mediatore più qualificato e significativo tra i due contendenti, grazie al suo status di membro della NATO e contemporaneamente osservatore del gruppo di Shanghai.

Erdogan si posiziona come ponte a oriente e mira a incrementare il volume dei commerci con le economie asiatiche, molte delle quali parlano turco. Ma l’attenzione al summit della SCO quest’anno è stata presa anche dalla crisi in Medio Oriente.

Nonostante la sua posizione di osservatore, nell’ultimo decennio la Turchia ha acquisito un ruolo di rilievo nell’Organizzazione di Shanghai, che comprende potenze come Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, India, Pakistan e Iran. Il presidente russo, Vladimir Putin, sta spingendo per un ruolo sempre più centrale della Turchia all’interno dell’Organizzazione, una mossa che ha suscitato preoccupazioni tra gli alleati occidentali.

Dopo il vertice di Astana, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, è atteso al summit della NATO a Washington, previsto dal 9 all’11 luglio. Un evento che non solo segnerà il 75° anniversario dell’Alleanza Atlantica, ma sarà anche l’occasione per un incontro con il presidente americano Joe Biden. Inizialmente previsto per maggio, l’incontro è stato rinviato e ora si prevede che porterà a una discussione su un processo di pace in Medio Oriente. Un altro punto all’ordine del giorno riguarda la fornitura degli F-16, i jet che Biden ha promesso da anni e che la Turchia sta ancora aspettando. 

 

Escalation in Libano

 

Sul tavolo di Astana, a margine dell’incontro, la presidenza turca ha espresso a Putin le sue preoccupazioni riguardo agli attacchi israeliani su Gaza, sottolineando come questi minaccino non solo la pace ma anche la stabilità dell’intera regione, con particolare riferimento al Libano, ora nel mirino di Israele. Erdogan ha esortato un intervento internazionale per evitare l’espansione del conflitto.

 

Sempre sul fronte mediorientale, Erdogan ha ribadito a Putin la determinazione della Turchia a impedire la formazione di uno Stato terrorista lungo il confine siriano, continuando la lotta contro i separatisti curdi del PKK/YPG. Nonostante le pressioni di Putin per il ritiro delle truppe di Ankara dal nord della Siria, Erdogan ha insistito sulla necessità di mantenere una presenza militare per evitare che i curdi si riavvicinino ai confini turchi, chiedendo l’intervento della Russia.

 

Attacchi in Siria

 

In un nuovo sviluppo, le forze turche hanno aperto il fuoco contro gruppi di siriani che hanno attaccato le basi militari di Ankara nel nord-ovest della Siria, provocando sette morti e 40 feriti. Le città di Jarabulus e Afrin, cadute sotto il controllo turco durante le operazioni militari del 2016 e del 2018 contro l’ISIS e i curdi del YPG, sono ora teatro di crescente tensione. Nonostante la presenza militare, Ankara ha delegato parte della sicurezza a gruppi siriani anti-Damasco, ma le recenti mosse di riavvicinamento tra Erdogan e il leader siriano Bashar al-Assad hanno sollevato accuse di “tradimento” tra la popolazione locale.

 

Pochi giorni fa, Erdogan ha dichiarato la sua disponibilità a incontrare Assad, segnando una potenziale svolta nelle relazioni interrotte dal 2011. Un riavvicinamento fortemente sostenuto dalla Russia, mentre gli Stati Uniti e l’Europa sembrano rimanere i grandi assenti nel contesto siriano.

Alessio Zattolo – PhD Student

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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