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Cosa sono le alture del Golan e chi sono i drusi, le vittime di un attacco mortale contro Israele?

Sabato 27 luglio, 2024. Le tensioni al confine tra Israele e Libano hanno raggiunto un nuovo apice dopo l’attacco missilistico, attribuito al gruppo militante di Hezbollah, che è costato la vita a dodici ragazzini israeliani nella città araba di Majdal Shams, sulle Alture del Golan. Martedì 30 luglio, Tel Aviv ha dato inizio alla sua vendetta con un raid su un sobborgo meridionale della capitale libanese Beirut. Un fattore che complica l’affannata risposta diplomatica, per evitare lo scoppio di una guerra regionale totale, è il fatto che le vittime appartenevano alla minoranza religiosa ed etnica dei drusi.

Ecco cosa sapere sulle alture del Golan e sui drusi coinvolti nel fuoco incrociato in Medio Oriente.

Cosa sono le Alture del Golan?

Storico punto di passaggio per le rotte commerciali e militari delle prime grandi civiltà del Vicino Oriente, in epoca più recente le alture del Golan rappresentano un altopiano (geo)strategico per la confluenza di un terzo delle risorse idriche di Israele e la sua sicurezza nazionale, per respingere, cioè, le minacce dei proxy iraniani.

Conquistate alla Siria durante la guerra dei Sei giorni, il 5 giugno del 1967, prima di annetterle formalmente nel 1981, hanno ridisegnato non soltanto i confini ma anche gli equilibri della regione.

Da quasi sessant’anni contese tra Israele e Siria, che continua a chiederne la restituzione, le alture del Golan occupano un’area prevalentemente montuosa, confinante anche con la Giordania e il Libano, ed estesa per circa 1.800 km². Considerata “territorio occupato” alla stregua del diritto internazionale nonché delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’area è stata spesso un punto critico per la posta in gioco geopolitica. L’ultima volta nel marzo 2019, quando, con una mossa a sorpresa, l’ex presidente USA Donald Trump ha aperto al riconoscimento americano della sovranità di Israele sul Golan.

L’attacco di sabato non è il primo sulle alture da quando è iniziata la guerra dello Stato ebraico contro Hamas a Gaza dopo gli attacchi del 7 ottobre.

All’inizio di luglio, un attacco missilistico di Hezbollah ha ucciso due persone nell’altopiano, spingendo il capo del Consiglio regionale del Golan a chiedere ritorsioni “con la forza” contro i miliziani sciiti filoiraniani. Hezbollah ha dichiarato in precedenza di aver sparato dozzine di razzi Katyusha sulle alture “in risposta” a un presunto attacco israeliano in Siria contro un membro chiave del Partito di Dio. Mentre scriviamo, invece, è stata proprio la rappresaglia di Israele dopo l’ultima strage in Golan a neutralizzare Fuad Shukr, noto anche come Haj Mohsen, il capo di stato maggiore di Hezbollah considerato dalle Forza di Difesa Israeliane (IDF) “responsabile dell’omicidio dei drusi di Majdal Shams e di numerosi altri civili israeliani”.

Chi sono, dunque, i Drusi?

Originata da una comunità etnica araba, propaggine dell’Islam sciita ismailita, quella drusa è una religione radicata nel monoteismo abramitico, fondata nell’Egitto dell’XI secolo sotto il dominio dei califfi Fatimidi, esteso anche a Damasco. La loro fede non permette convertiti da o verso la religione e mescola elementi di altri culti; le pratiche devozionali druse sono ancora per lo più segrete; la setta disapprova i matrimoni misti e controlla l’acceso alla conoscenza anche all’interno della fede. Tanto la loro dottrina emanatista quanto una gerarchia gnostica sui generis – nella quale il profeta Maometto occupa soltanto il posto di quarto tra i cosiddetti “Cinque ministri” – hanno spinto tradizionalmente i musulmani ortodossi a considerare i Drusi perlopiù come eretici o infedeli.

Oggi ci sono oltre 1 milione di drusi in tutto il mondo, distribuiti in Libano – dove è tuttora il loro nucleo più numeroso – Siria, Giordania e Israele, che ne conta a sua volta circa 150mila distribuiti tra Galilea e Golan. A differenza della maggior parte delle altre minoranze del Paese, fin dalla sua fondazione nel 1948, numerosi drusi – in particolare, quelli di Galilea – sono fedeli allo Stato israeliano e prestano servizio nelle IDF (mentre gli altri musulmani ne sono esentati), tanto che molti hanno raggiunto posizioni chiave nell’esercito, venendo guardati con rispetto dalla società israeliana. Eppure, negli ultimi anni questa lealtà è stata messa duramente alla prova. Nel 2018, Israele ha introdotto la Legge fondamentale sullo Stato-Nazione, che ha codificato il diritto “all’autodeterminazione nazionale” come “esclusivo per il popolo ebraico”, ha reso l’ebraico la sola lingua nazionale e ha stabilito “lo sviluppo dell’insediamento ebraico come valore nazionale”.

Storicamente i drusi, che secondo un allarme lanciato dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU continuano a subire una discriminazione diffusa, in particolare per le politiche relative all’assegnazione di terra e acqua, si sono opposti alle leggi dello Stato ebraico che consideravano tentativi di “israelizzazione”. Nel 2018, quindi, migliaia di manifestanti arabi guidati proprio da drusi hanno marciato contro l’ennesima legge che li rende di fatto cittadini di seconda classe.

Specificamente, i drusi sulle alture del Golan (circa 23mila persone) costituiscono una minoranza nella minoranza. Originariamente siriani, quando Israele ha annesso il territorio dopo averlo conquistato nella guerra del 1967, è stata offerta loro la cittadinanza israeliana. La maggior parte ha rifiutato, dichiarando la propria lealtà alla Siria. Ma questo sentimento nazionale si è indebolito negli ultimi anni. Diversi drusi in Siria hanno preso parte alle proteste contro il presidente Bashar al-Assad, dopo che nel 2011 è scoppiata la rivoluzione che ne ha sfidato il regime autoritario. I drusi più giovani del Golan, nel frattempo, hanno sempre e solo conosciuto la vita nello Stato israeliano e, soprattutto tra le nuove generazioni, le richieste di cittadinanza sono quadruplicate nel periodo 2017-2022.

La diaspora drusa in una regione altamente fratturata ha determinato un compromesso politico costante, forgiando in alcuni casi alleanze pragmatiche con gruppi più potenti che, tuttavia, hanno minato la solidarietà tra correligionari. I drusi in Israele sono infuriati per l’alleanza con Hezbollah della loro controparte libanese, che ha combattuto a sostegno di Assad nella guerra civile siriana. Nel frattempo, i drusi in Libano sono critici nei confronti di chi in Israele non condanna abbastanza esplicitamente il trattamento di Israele verso i palestinesi.

Ma le morti di sabato scorso hanno indignato l’intera comunità, mentre Hezbollah – che, sebbene a un passo dalla guerra con Israele, continua a negare in modo poco plausibile ogni responsabilità – deve fare i conti con il dissenso druso in Libano così come all’estero. Il contraccolpo politico si è fatto sentire anche oltre il confine israeliano. Quando un gruppo di drusi ha ricordato i morti di Majdal Shams, nei pressi del campo da calcio luogo dell’attacco, è stato presto smobilitato. Alcuni dei manifestanti (esattamente come il popolo israeliano)  ha contestato i ministri arrivati domenica ai funerali di Stato e, soprattutto Benjamin Netanyahu, accusando direttamente il governo per aver trascurato la regione dove vive la loro comunità; altri hanno chiesto ritorsioni contro Hezbollah; e altri ancora hanno espresso la loro frustrazione perché la comunità drusa si trova, ancora una volta, presa nel fuoco incrociato di un conflitto trascinato dalle autorità politiche, di cui non si sente bersaglio.

 Alessio Zattolo – PhD Student UNINT

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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