GEODI – UNINT

La minaccia asimmetrica Houthi: una chiave per capire il presente

Il Mar Rosso si è nuovamente trasformato in un teatro di tensioni che da mesi a questa parte disturbano i sonni di non poche leadership mondiali. Arteria vitale per il fluido scorrimento di circa il 15% del traffico marittimo internazionale, le sue acque meridionali sono interessate da un nuovo tipo di conflitto, nel quale un’entità ibrida a metà tra uno Stato ed una milizia sfida l’ordine talassocratico imposto dalla potenza militare americana.

Il Mar Rosso si è nuovamente trasformato in un teatro di tensioni che da mesi a questa parte disturbano i sonni di non poche leadership mondiali. Arteria vitale per il fluido scorrimento di circa il 15% del traffico marittimo internazionale, le sue acque meridionali sono interessate da un nuovo tipo di conflitto, nel quale un’entità ibrida a metà tra uno Stato ed una milizia sfida l’ordine talassocratico imposto dalla potenza militare americana.

Il gruppo yemenita Ansar Allah (i partigiani di Dio), infatti, ha risposto duramente alle operazioni israeliane condotte contro la Striscia di Gaza nel post-7 ottobre 2023, dapprima minacciando, e successivamente effettuando lanci missilistici contro lo Stato di Israele

Non a caso, la milizia si inserisce nel più ampio contesto dell’“Asse della Resistenza” iraniano, una fitta rete di gruppi armati intessuta abilmente da Teheran nel tentativo di proteggere i confini e destabilizzare il vicinato sfruttando alleanze, convergenze strategiche e affinità ideologiche (Bressan e Cuzzelli, 2022). 

Gli Houthi (nome derivante dal loro primo leader Hussein al-Houthi) ricoprono un ruolo fondamentale in questa complessa scacchiera, sia perché la fede sciita zaydita li avvicina (ma non sovrappone) al posizionamento iraniano, sia perché attraverso tale fratellanza è possibile colpire i rivali sauditi e israeliani e minare la sicurezza marittima attorno allo stretto di Bab el Mandeb.

A seguito del vuoto di potere generato dalla Primavera Araba yemenita, il gruppo, originario delle montagnose regioni settentrionali del Paese, si è visto costantemente crescere in potere ed influenza fino a conquistare la capitale Sana’a nel 2014. A poco sono servite le successive operazioni belliche guidate da Riad (ma rifornite da Washington) nel tentativo di reimporre lo status quo ante, tanto che la vincente resistenza opposta dalla milizia non ha fatto altro che rafforzare la fiducia e migliorare le proprie capacità militari nell’ambito della guerra asimmetrica (sfruttata a pieno grazie all’ambiente geografico favorevole, e complice il sostegno iraniano realizzato a mezzo di un’astuta rete di contrabbando d’armi).

Di conseguenza, gli Houthi sono usciti dal conflitto in qualità di interlocutore principale nel dialogo per una pace regionale, sforzo iniziato nel 2022 e tuttora in corso di svolgimento. Ad oggi, si stima che la milizia controlli una superficie di circa 110.000 chilometri quadrati (poco più grande del Portogallo), concentrata nel nord-ovest del Paese, e che eserciti il proprio potere sul 60-70% della popolazione. Oltre a ciò, i leader militari sono riusciti, nel corso del conflitto, a mettere le mani su parte delle risorse infrastrutturali ed economiche, potendo espletare parzialmente alcune funzioni di un vero e proprio Stato sovrano. Inoltre, non si può non menzionare l’importante apparato militare, il quale, sebbene enormemente subordinato al contributo di Teheran, è sicuramente degno di nota. 

Dal punto di vista umano, fonti interne al gruppo affermano di essere in grado di mobilitare oltre 700.000 soldati se necessario, mentre sul lato balistico va segnalato un ricco e variegato arsenale di missili (alcuni in grado di raggiungere il Mediterraneo) e droni di provenienza iraniana.

È in questo contesto che gli Houthi, forti delle proprie esperienze militari, hanno deciso di difendere la causa palestinese e di entrare in guerra con Tel Aviv e chiunque gli avesse fornito supporto (Washington in testa). A seguito dell’inizio delle ostilità, la milizia ha non solo dimostrato di poter colpire virtualmente il territorio israeliano, ma ha anche risposto all’assedio di Gaza improvvisando un blocco marittimo a sua volta, lanciando droni e missili contro vascelli e mercantili in transito per il Mar Rosso ed aventi come destinazione proprio Israele (salvo poi palesare un criterio selettivo di attacco tendenzialmente casuale). 

Ovviamente, gli effetti di tale iniziativa sui mercati internazionali non si sono fatti attendere: se a dicembre 2023 le principali compagnie di trasporto marittimo annunciavano la sospensione delle spedizioni attraverso Bab el Mandeb, influenzando conseguentemente il Canale di Suez, contemporaneamente i prezzi del singolo container schizzavano alle stelle, registrando aumenti percentuali che durante i picchi hanno superato il 300%. 

In nove mesi (novembre 2023 – luglio 2024) la milizia ha compiuto più di 70 attacchi contro navi e mercantili in transito, affondandone due e causando la morte di quattro marinai civili. I mezzi privilegiati continuano ad essere droni suicidi e missili antinave balistici o da crociera, anche se il gruppo si è mostrato capace di lanciare imbarcazioni cariche di esplosivo o di effettuare abbordaggi e dirottamenti come avvenuto nel celebre caso della porta-automobili Galaxy Leader.

Inoltre, i menzionati effetti sui mercati e sui ridotti flussi navali perdurano ancora oggi. Infatti, da un lato l’impennata dell’indice composito dei prezzi per il singolo container non accenna a rallentare (il 4 luglio 2024 registrava un costo del 298% superiore rispetto allo stesso periodo del 2023), dall’altro, i timori delle principali compagnie di trasporto si palesano nei numeri che riguardano l’attraversamento del Canale di Suez: il Fondo Monetario Internazionale stima che, da aprile 2024, la media di natanti che hanno impegnato il Canale si è ridotta di più del 50% se comparata allo scorso anno, passando da poco meno di 80 a poco più di 30.

In tutto ciò, la Comunità Internazionale non è rimasta a guardare, pur dimostrandosi tendenzialmente impotente nel trovare una soluzione efficace a tale minaccia. Nonostante l’operazione a guida americana Prosperity Guardian sia riuscita a proteggere temporaneamente (e parzialmente) la maggior parte dei mercantili da fine dicembre, l’ostinazione degli Houthi ha costretto Washington a adottare contromisure più serie, concretizzatesi in bombardamenti che per i mesi successivi hanno tentato di colpire depositi e postazioni di lancio in territorio yemenita.

Stati Uniti e Regno Unito, tuttora, mantengono una postura aggressiva nei confronti degli Houthi, conducendo sporadici martellamenti preventivi volti ad impedire ai miliziani di sferrare attacchi in primo luogo.

Diversa e più cauta è stata (e rimane) la posizione sul fronte europeo. Quest’ultimo, infatti, ha finora tentato di ritagliarsi il proprio ed indipendente spazio operativo lanciando a febbraio 2024 l’operazione Aspides: nata con l’obiettivo di proteggere e di difendere la libertà di navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, oggi vi contribuiscono sette Paesi europei e costituisce un tentativo di separare strategicamente (e diplomaticamente) le prudenti manovre di Bruxelles dalle intraprendenti azioni angloamericane.

Cionondimeno, va segnalato come entrambe le iniziative di difesa attiva (bombardamenti chirurgici) e passiva (intercettare il drone o il missile in volo) costituiscano, inevitabilmente, una contromisura volta ad arginare gli effetti del sintomo piuttosto che un tentativo di estirpare il problema dalla radice.

La milizia, va riconosciuto a tal proposito, gioca da una posizione che le attribuisce non pochi vantaggi strategici in questo conflitto.

In primo luogo, gli Houthi godono di un’importante esperienza bellica, complici i sette anni di conflitto contro la coalizione saudita, grazie alla quale hanno potuto affinare tecniche di combattimento di diverso tipo, inclusa la modalità asimmetrica. In secondo luogo, essi costituiscono una forza non solo militare, ma anche politica ed in grado di esercitare importanti funzioni di gestione e controllo della società e del territorio. La stessa geografia facilita i miliziani, poiché il vastissimo e inospitale territorio montuoso garantisce nascondigli e vie di fuga estremamente difficili da tenere sotto stretta osservazione. Ancora, un ultimo fondamentale punto a loro favore deriva dagli umori internazionali che aleggiano attorno agli sforzi di pace tra il gruppo stesso e l’Arabia Saudita. In effetti, tutti gli attori coinvolti sono consapevoli dell’urgenza di un accordo di normalizzazione o di riappacificazione, specialmente dopo un conflitto in cui le più avanzate armi occidentali si sono mostrate fallimentari contro droni improvvisati e missili riciclati e riassemblati.

Di conseguenza, gli Houthi sono in grado di dispiegare il più alto livello di aggressività bellica asimmetrica (coperta dal velo pro-palestinese) ben consapevoli che la comunità internazionale non interverrà con operazioni boots on the ground, un infelice ricordo per Washington soprattutto.

La milizia, a questo proposito, si schiera attraverso regole d’ingaggio che non seguono le norme convenzionali dei conflitti, ma sceglie intelligentemente di adottare condotte ibride in grado di colpire ugualmente e pesantemente l’avversario. Se gli Houthi non utilizzano mine antinave è perché evidentemente non sono interessati a colpire in maniera indiscriminata. Tuttavia, il fatto che utilizzino droni e missili a basso costo, che colpiscano mercantili e che tentino di tagliare i cavi sottomarini evidenzia l’intenzione di portare avanti uno scontro prolungato che dissangui l’avversario più velocemente di quanto possano indebolirsi loro nel farlo. 

In altri termini, la postura degli Houthi palesa una subdola tecnica di combinazione di elementi e fattori bellici in grado di condurre un conflitto ibrido e asimmetrico che infligga danni all’avversario senza toccare minimamente il suo dispositivo militare (Liang e Xiangsui, 1999). Come dimostrano i numeri sulla navigazione nel Mar Rosso, le previsioni in termini di attività portuale mediterranea e i prospetti inflazionistici, la milizia è capace di fare danni senza dover sprecare risorse in un conflitto alla pari. Sfruttando l’interconnessione delle supply chain globalizzate e l’ormai evidente nervosismo dei mercati essi generano instabilità spendendo poco e perdendo pochissime risorse umane, dando prova di uno spiccato “genio” militare di clausewitziana memoria.

Ergo, non è una sorpresa che finora ogni tentativo di arginare le operazioni del gruppo sia fallito. A fronte di una minaccia asimmetrica, offrire una risposta convenzionale si rivela estremamente costoso, poco sostenibile nel lungo termine e soprattutto inefficace. Se da un lato i bombardamenti di Londra e Washington possono limitare le occasioni di lancio, dall’altro non sono in grado di inibire l’iniziativa né colpire ogni singolo sito o deposito.

Come ha dimostrato la storia in più occasioni, intraprendere scontri convenzionali contro forze che impiegano mezzi alternativi e asimmetrici non può condurre alla vittoria, bensì determinare un grande dispendio di risorse materiali e umane.

La vulnerabilità degli equilibri internazionali cresce in maniera proporzionale al grado di interdipendenza globale, fattore che semplifica la scelta di mezzi e “armi” da parte di attori ostili, siano essi Stati o meno. Per questo motivo è necessario che la difesa e il dispositivo di deterrenza investano in risorse ibride a loro volta, sfruttando diplomazia, strumenti finanziari e nuove tecnologie al fine di comprendere le minacce e annullare la loro capacità offensiva. Si tenga presente che condotte ibride che combinino mezzi civili e militari non corrispondono alla violazione delle regole d’ingaggio imposte dallo Stato di diritto, quanto più rappresenterebbero una rete integrata di strumenti e meccanismi in grado di difendere oculatamente le proprie risorse (Massolo e Bechis, 2024).

Gli Houthi esemplificano senza dubbio come in questo XXI secolo la vittoria nei conflitti spetterà a coloro che saranno in grado di individuare il centro di gravità dell’avversario e colpirlo sfruttando le infinite combinazioni di mezzi che Globalizzazione e integrazione digitale hanno da offrire.

Marco Centaro – studente laureando in Criminalità, Investigazione e Sicurezza Internazionale


BIBLIOGRAFIA

Bressan. M, Cuzzelli. G., Da Clausewitz a Putin: La Guerra nel XXI Secolo, Ledizioni, Milano, 2022.

Massolo. G., Bechis. F., Realpolitik: Il Disordine Mondiale e le Minacce per l’Italia, Solferino, Milano, 2024.

Liang, Q., Xiangsui, W., Guerra senza limiti, a cura di Fabio Mini. Gorizia: LEG, 2019 [I ed. 2001. Ed. originale 1999].


SITOGRAFIA

https://amwaj.media/article/houthi-front 

https://ctc.westpoint.edu/assessing-the-houthi-war-effort-since-october-2023/ 

https://news.usni.org/2024/02/07/dia-report-on-iranian-arms-used-by-houthi-forces 

https://portwatch.imf.org/pages/573013af3b6545deaeb50ed1cbaf9444 

https://www.drewry.co.uk/supply-chain-advisors/supply-chain-expertise/world-container-index-assessed-by-drewry 

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/mar-rosso-la-dashboard-sullimpatto-della-crisi-161237 

https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-difesa-sicurezza/operazioni-in-corso/Pagine/operazione_aspides.aspx 

https://www.military.com/daily-news/2024/07/10/suspected-attack-yemens-houthi-rebels-targets-ship-transiting-bab-el-mandeb-strait.html?utm_source=ground.news&utm_medium=referral 

https://www.reuters.com/world/yemens-houthis-warn-they-will-fire-missiles-drones-if-us-intervenes-gaza-2023-10-10/ 

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

Università degli Studi Internazionali di Roma - UNINT

Via Cristoforo Colombo, 200 - 00147 Roma | C.F. 97136680580 | P.I. 05639791002 | Codice SDI: M5UXCR1 | Mail: geodi@unint.eu