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Cala il sipario dell’embargo in Somalia

Il primo dicembre 2023, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) ha approvato all’unanimità la Risoluzione 2714, presentata dalla delegazione del Regno Unito, per porre fine all’embargo che gravava sulla Somalia dal 1992. L’obiettivo principale della sanzione, adottata per salvaguardare i somali nel contesto della guerra civile che seguì alla destituzione del presidente e leader militare Mohamed Siad Barra più di trent’anni fa, è stato fin qui quello di impedire lo scambio di armi tra le fazioni in guerra.

Venerdì scorso, il Consiglio ha invitato il governo federale ad “adottare tutte le misure di prevenzione necessarie per garantire che le armi, le munizioni e gli equipaggiamenti importati per essere utilizzati da determinate forze nazionali, nonché da società di sicurezza private autorizzate, non vengano a loro volta venduti o resi disponibili a qualsiasi individuo o organizzazione non al loro servizio”. Nell’ambito di tale risoluzione, le Nazioni Unite hanno inoltre prolungato fino al 15 gennaio 2025 la durata del mandato del Group of Experts che fornisce supporto al Comitato per le sanzioni dell’organismo multilaterale.

Nel corso della sessione di New York, una seconda Risoluzione, la 2713, è stata adottata, con la sola astenzione della Francia, per rinnovare l’embargo al gruppo jihadista di al-Shabaab, accogliendo le richieste espresse dal governo di Mogadiscio da tempo impegnato nello scontro contro il fondamentalismo islamico. Dal canto suo, il rappresentante permanente della Somalia presso le Nazioni Unite, Abubakar Dahir Osman, ha affermato che la risoluzione contribuirà alla lotta contro le minacce alla sicurezza della nazione, in primis la presenza di Al-Shabaab, la quale, dal 2006, conduce una brutale insurrezione contro il governo somalo, cercando di stabilire un proprio governo basato su un’interpretazione rigorosa della Shari’a, la legge islamica.

Una sfida, quella securitaria, che il Paese guidato da Hassan Sheikh Mohamud dovrà affrontare con tutte le sue forze, considerando il fatto che entro la fine del 2024 è previsto il ritiro delle forze della Missione di Transizione dell’Unione Africana in Somalia (ATMIS) composto da circa 18 mila truppe.

Nel corso della sua storia, la Somalia ha dimostrato una solida eredità militare, un fatto ulteriormente confermato dalla fondazione dello Stato somalo nel 1960, che vanta uno degli eserciti meglio armati del continente africano. Tra i risultati degni di nota si annovera l’emancipazione di numerose nazioni come Mozambico, Angola, Namibia e Eritrea.

Tuttavia, nel 1991 occorse un cambiamento significativo in seguito alla deposizione del presidente Mohamed Siad Barre, che portò alla frammentazione della Somalia lungo linee claniche e feudali, dando origine all’emergere di terroristi, organizzazioni criminali e signori della guerra. La situazione si deteriorò a tal punto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ritenne necessario imporre un embargo sulle armi alla Somalia attraverso la risoluzione 733 del 1992, motivata dal conflitto in corso e dalla conseguente crisi umanitaria. Successivamente, l’embargo venne più volte modificato fino all’adozione della risoluzione 1744 nel febbraio 2007, per consentire la fornitura esclusiva di armi alle forze governative somale, ridimensionando il ruolo degli attori non statali. 

Tuttavia, nonostante queste limitazioni, il commercio illecito di armi, in particolare di piccolo e medio calibro provenienti dallo Yemen, è continuato, alimentando ulteriormente le attività del movimento jihadista. 

Molti analisti sostengono che il rafforzamento delle capacità tecniche e logistiche della Somalia per equipaggiare meglio le sue forze armate non solo contribuirebbe alla stabilità del Paese, ma aiuterebbe altresì a contrastare efficacemente il terrorismo, contribuendo a riaffermare il monopolio legittimo della violenza nell’esercizio della giustizia.

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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