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Nell’attuale contesto geopolitico, sono numerose le aree di crisi nelle quali la possibilità di un intervento diretto di alcuni Paesi occidentali potrebbe materializzarsi o, addirittura, divenire necessario. In forza di questo scenario, vediamo come alcune delle principali potenze mondiali disciplinano dal punto di vista costituzionale e legislativo le operazioni militari internazionali.

ITALIA

– Riferimenti costituzionali:

Articolo 11: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Articolo 78: Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.

 

– Riferimenti legislativi:

La legge 145/2016 (c.d. legge quadro sulle missioni internazionali) ha regolamentato le missioni internazionali con particolare riferimento ai profili concernenti il trattamento economico e normativo del personale impegnato in tali missioni e ai molteplici e peculiari profili amministrativi che caratterizzano le missioni stesse. Ulteriori disposizioni riguardano, poi, le procedure interne in forza delle quali è possibile pervenire all’adozione della decisione riguardante il coinvolgimento delle truppe italiane nell’ambito delle missioni militari oltreconfine. La normativa ha coperto un vulnus in materia.

Questa legge si applica fuori dal caso della dichiarazione di guerra da parte delle Camere, nella potestà del Presidente della Repubblica.

L’ambito della legge è pertanto circoscritto alla partecipazione delle Forze armate, delle Forze di Polizia ad ordinamento militare o civile e dei corpi civili di pace a missioni internazionali istituite nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) o di altre organizzazioni internazionali cui l’Italia appartiene o comunque istituite in conformità al diritto internazionale, comprese le operazioni militari e le missioni civili di polizia e per lo stato di diritto dell’Unione europea (art. 1, comma 1); all’invio di personale e di assetti, civili e militari, fuori del territorio nazionale, che avvenga secondo i termini della legalità internazionale, delle disposizioni e delle finalità costituzionali, in ottemperanza agli obblighi di alleanze o ad accordi internazionali o intergovernativi, o per eccezionali interventi umanitari (art. 1, comma 1).

Con riferimento al contenuto delle deliberazioni del Consiglio dei ministri, l’articolo 2, comma 2 precisa che il Governo dovrà indicare per ciascuna missione l’area geografica di intervento, gli obiettivi, la base giuridica di riferimento, la composizione degli assetti da inviare, compreso il numero massimo delle unità di personale coinvolte, nonché la durata programmata e il fabbisogno finanziario per l’anno in corso.

Entro il 31 dicembre, il Governo, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro dell’interno per la parte di competenza e con il Ministro dell’economia e delle finanze, presenta alle Camere, per la discussione e le conseguenti deliberazioni parlamentari, una relazione analitica sulle missioni in corso, anche ai fini della loro prosecuzione per l’anno successivo. Tale relazione fa riferimento alle missioni concluse nell’anno in corso e precisa l’andamento di ciascuna missione e i risultati conseguiti.

Per quanto concerne il profilo finanziario connesso alla partecipazione del personale civile e militare alle missioni internazionali, l’articolo 4 di questa legge  ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo, destinato al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali , la cui dotazione è stabilita annualmente dalla legge di bilancio (29.184,2 milioni di euro, con un aumento di 1.435,7 milioni rispetto ai 27.748,5 dello scorso anno).

 

STATI UNITI

– Riferimenti costituzionali:

Articolo I, Sezione 8, Clausola 11: la Costituzione concede al Congresso il potere di dichiarare guerra. Il Presidente, nel frattempo, trae il potere di dirigere i militari dopo una dichiarazione di guerra del Congresso dall’articolo II, sezione 2, che nomina il Presidente Comandante in Capo delle forze armate. La Costituzione difende (III emendamento) i civili e i loro beni da possibili soprusi dei soldati.

 

– Riferimenti legislativi:

Non abbiamo, similmente all’Italia, una legge specifica per il regolamento delle operazioni militari internazionali da parte dell’esercito americano (le c.d. overseas operations). Negli Stati Uniti, si ritiene che siano due le leggi che hanno dato il via alla legittimazione di interventi militari internazionali sempre più globali. La prima è la Public Law 107-40 del 2001 che aveva autorizzato gli USA ad intervenire contro i responsabili degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. La legge però è talmente tanto generica in alcuni punti che autorizza un intervento americano contro chiunque per prevenire futuri attacchi terroristici. Anche i mezzi da utilizzare in questo contesto non sono esplicitati perché si fa riferimento a tutto ciò che è appropriato per vincere questa missione internazionale. La seconda è la Public Law 107-206 del 2002 volta a proteggere il personale militare degli Stati Uniti e altri funzionari eletti e nominati dal governo americano contro i procedimenti penali da parte di un tribunale penale internazionale. La legge conferisce al Presidente il potere di utilizzare “tutti i mezzi necessari e appropriati per ottenere il rilascio di qualsiasi membro del personale statunitense o alleato detenuto o imprigionato”.

 

REGNO UNITO

– Principio di base:

Il Primo Ministro (che agisce con il Governo) prende le decisioni politiche chiave sull’uso delle forze armate. Il Re, tuttavia, rimane l’autorità suprema dei militari. Come comandante in capo, il Re segue da vicino gli sviluppi nelle forze armate e nei servizi di sicurezza. Non vi è alcun obbligo costituzionale che la Corona chieda alcuna forma esplicita di approvazione parlamentare prima di impegnare le forze britanniche in un’azione militare. In virtù delle prerogative reali, il Sovrano può dare l’ordine di iniziare un’azione militare, che di solito viene impartita su consiglio del Governo di Sua Maestà.

 

 

– Riferimenti legislativi:

Fino al 2011, non c’era alcuna fonte legislativa che permettesse al Parlamento di discutere della possibilità o meno di inviare truppe britanniche in operazioni militari all’estero. Nel 2011 è iniziato un dibattito che ha dato i primi frutti nel 2013 quando la Camera dei Comuni ha negato la missione militare britannica in Siria. Il ruolo del Parlamento è stato, in seguito, ulteriormente rafforzato dalla richiesta di ascoltare i suoi membri sulla decisione di inviare truppe britanniche contro l’ISIS in Iraq e in Siria. Nonostante l’evoluzione di questi interventi, manca ancora oggi una formalizzazione del ruolo del Parlamento sulla tematica dell’impegno militare.

 

FRANCIA

– Riferimenti costituzionali:

Articolo 35 afferma che la dichiarazione di guerra è autorizzata dal Parlamento. Il Governo informa il Parlamento della sua decisione di coinvolgere le forze armate all’estero, entro tre giorni dall’inizio dell’intervento. Specifica gli obiettivi perseguiti. Tali informazioni potranno dar luogo ad un dibattito al quale non seguirà alcuna votazione. Quando la durata dell’intervento supera i quattro mesi, il Governo sottopone la proroga all’autorizzazione del Parlamento. Può chiedere all’Assemblea Nazionale di prendere la decisione finale. Se il Parlamento non è in sessione allo scadere del quadrimestre, decide all’apertura della sessione successiva.

Punto 14 del Preambolo Costituzione del 1946 (riportato nell’attuale Costituzione): La Repubblica francese, fedele alle sue tradizioni, si conforma alle norme del diritto pubblico internazionale. Non intraprenderà nessuna guerra nelle vedute di conquista e mai userà le sue forze contro la libertà di alcun popolo.

 

– Riferimenti legislativi:

Il potere del Parlamento sulla politica di difesa è stato a lungo caratterizzato da una relativa debolezza, sia a causa della lettera della Costituzione del 1958 che della prassi istituzionale a partire dal Generale de Gaulle. La riforma costituzionale del 23 luglio 2008, aumentando l’informazione sugli impegni militari spettante al Parlamento e il controllo sulle operazioni esterne, ha rappresentato una grande innovazione per il mondo delle forze armate. Fino al 2008, infatti, il Parlamento si limitava, ai sensi dell’articolo 35, alla sola autorizzazione alla dichiarazione di guerra, disposizione che non è mai stata utilizzata dall’inizio della Quinta Repubblica. Tuttavia, numerose relazioni e proposte hanno chiesto un aumento del ruolo del Parlamento, soprattutto da quando il numero e il costo delle operazioni esterne (OPEX) sono aumentati in modo significativo e la loro natura si è evoluta, da operazioni di mantenimento della pace ad azioni che implicano sempre più spesso reali azioni di combattimento. A valle, per quanto riguarda l’estensione degli interventi esterni, il principio mantenuto è quello dell’autorizzazione parlamentare quando la durata dell’intervento supera i quattro mesi. Una volta acquisito questo voto, non vi è più alcun obbligo per il governo di tornare in Parlamento, indipendentemente dalla durata dell’operazione.

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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