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Il ruolo dei finanziamenti UE nel potenziamento della sicurezza continentale

Contemporaneamente alla vittoria in Russia, avvenuta senza alcuna sorpresa, del quinto mandato da parte di Vladimir Putin, che lo legherà al Cremlino fino al 2030, 14 Stati membri coordinati dalla Finlandia, tra cui figurano Italia, Francia e Germania, hanno inviato domenica 17 marzo una lettera in cui viene formalmente richiesto alla Banca europea per gli investimenti di finanziare progetti per la Difesa europea.

Il Commissario all’Economia Paolo Gentiloni ha proposto la “Next Milan Forum” l’idea di creare debito comune europeo, come durante la pandemia, utilizzando finanziamenti comuni. Il focus principale di questi finanziamenti, tuttavia, non sarebbe semplicemente quello di investire fondi nella difesa e aumentare la difesa militare, quanto di evitare la frammentazione degli acquisti. Tali investimenti, se da un lato presentano dei rischi strutturali, dall’altro consentirebbero di avere ulteriori incentivi da parte del mondo privato e aziendale nel campo della difesa e della sicurezza.

A ciò si aggiungono le parole del presidente del Consiglio europeo Charles Michel del 18 marzo, il quale ha definito la Russia una «grave minaccia militare per il nostro continente europeo e per la sicurezza globale», sottolineando la necessità di passare ad una «economia di guerra». La prima strategia industriale europea della difesa, presentata a inizio marzo, mira a commerciare almeno il 35% dei beni per la difesa tra paesi dell’UE, anziché con altri paesi, e a portare al 40% gli approvvigionamenti militari nell’Unione eseguiti attraverso gli appalti comuni, i quali nel 2022 erano fermi al 18%. Inoltre, di quest’ultima percentuale, è desiderio condiviso che almeno il 50% sia prodotto all’interno dei confini Ue, rendendo l’industria europea della difesa più forte e innovativa.

Il tema della Difesa europea sta riscuotendo nuovo smalto tra le istituzioni europee non solo per l’aggressione ai danni dell’Ucraina iniziata ormai più di due anni fa, ma anche per il sempre più probabile ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump e della sua politica estera risaputamente isolazionista, oltre alle affermazioni estremamente dure riguardanti la Nato: stando alle dichiarazioni di Thierry Breton, durante una conversazione privata nel 2020 fra l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump, e principale candidato repubblicano alla presidenza nelle prossime elezioni, e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Davos, l’ex presidente degli USA sostenne l’avvenuta «morte della Nato» e che «se l’Europa fosse attaccata, gli Stati Uniti non l’aiuterebbero». 

Perfettamente calzanti, a questo proposito, risultano le parole dell’alto rappresentante Ue Josep Borrell nel corso della presentazione della strategia sulla Difesa europea, il quale ha sottolineato come, dal momento che l’Europa non ha un Pentagono, «dobbiamo quindi raggruppare il modo in cui gli Stati membri reagiscono, abbiamo bisogno di una politica di Difesa comune».

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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