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Un anno segnato da condanne a morte per blasfemia

Il 2023 è un anno che è stato segnato dalle condanne a morte per blasfemia in diversi Stati.

A maggio 2023 in Pakistan un giovane cristiano è stato accusato e condannato per blasfemia perché ha ricevuto da un amico musulmano (che sembra non essere stato indagato) una vignetta blasfema. Sembra ripetersi la storia di Asia Bibi, la donna che ha subito per dieci anni il carcere duro e ha rischiato la pena di morte prima di venire scagionata.

Una donna pakistana di religione musulmana è stata condannata a morte in Pakistan per aver inviato un testo e vignette del profeta Maometto, ritenuti “blasfemi”, via WhatsApp. La sentenza ha previsto che sia “impiccata a morte” e 20 anni di prigione.

A dicembre, il direttore di una fabbrica originario dello Sri Lanka è stato linciato e bruciato dalla folla l’accusa di blasfemia.

In Iran nel 2023 va anche peggio: due uomini, Sadrollah Fazeli Zarei e Youssef Mehrdad, sono stati giustiziati, in base all’accusa di blasfemia, cioè per aver “insultato il profeta Maometto” e “bruciato il Corano”. L’Iran fa spesso ricorso alla pena capitale: le esecuzioni per blasfemia a volte vengono evitate con la riduzione della pena da parte delle autorità, a volte no.

In Cina, le condanne a morte e le esecuzioni sono stimate in diverse migliaia, ma il numero resta segreto di stato.  In Iran e Arabia Saudita, come in Afghanistan e in Pakistan, la pena di morte si applica anche ai cittadini che esprimono le loro opinioni sui social media o nelle strade. Vale a dire, la libera manifestazione del pensiero è un reato da punire con la pena capitale.

Il rapporto “Condanne a morte ed esecuzioni 2022” di Amnesty International evidenzia che le esecuzioni nel 2022 hanno raggiunto la cifra più alta degli ultimi cinque anni, per un totale di 883 persone giustiziate in 20 paesi, senza contare la Cina. 81 le persone giustiziate in un solo giorno in Arabia Saudita, mentre sono sei i Paesi che hanno abolito in tutto o in parte la pena di morte ( Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Sierra Leone e Repubblica Centrafricana per tutti i reati, Guinea Equatoriale e Zambia solo per i reati ordinari).

In Medio Oriente e Nord Africa si è passati invece da 520 esecuzioni nel 2021 a 825 nel 2022. Nello specifico, in Iran si passa da 314 esecuzioni nel 2021 a 576 nel 2022; le cifre sono triplicate anche in Arabia Saudita passando da 65 nel 2021 a 196 nel 2022; l’Egitto ha giustiziato 24 persone.

Molte dittature mantengono il segreto di stato sull’argomento, la cifra globale reale è molto più alta. 

Cinque Paesi nel 2022 hanno ripreso le esecuzioni: Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Stato di Palestina e Singapore. Mentre un aumento delle esecuzioni è stato registrato anche per Iran (da 314 a 576), Arabia Saudita (da 65 a 196) e Stati Uniti (11 a 18).

L’Occidente democratico non smette di combattere contro la barbarie della pena di morte. A ottobre 2023 in occasione della Giornata europea e mondiale contro la pena di morte, l’Unione europea (UE) e il Consiglio d’Europa hanno riaffermato un netto no alla pena di morte, e alla sua eventuale reintroduzione, in tutti i casi e tutte le circostanze.

Questo impegno non è privo di risultati. La pena capitale è abolita in oltre due terzi dei paesi nel diritto o nella pratica (Zambia e Ghana che lo scorso anno si sono uniti al movimento abolizionista mondiale). 125 i voti a favore della risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU per una moratoria globale sul ricorso alla pena di morte in vista di un’abolizione definitiva. 

Tuttavia, la pena di morte è difficile da sradicare. Persino in Europa. In Bielorussia, infatti, essa è ancora in vigore. 

Per certi versi, grazie a un’interpretazione estremistica del Corano e della Sunna e del carattere sovraterritoriale della legge islamica, persino in Europa è possibile che venga applicata la pena di morte … per reati di opinione. 

Il caso più noto e drammatico è quello dell’attacco islamista radicale, nel gennaio 2015, al giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi, patria della libertà di manifestazione del pensiero. Ma i tentativi di applicazione della pena capitale per blasfemia o altri presunti reati legati alla libertà personale (si pensi anche al semplice desiderio di adottare uno stile di vita occidentale o di vivere in autonomia i propri affetti e la propria sessualità) sono molteplici e sempre più frequenti sul suolo europeo. 

Di fatto, mentre ci battiamo per l’abolizione della pena di morte nel mondo, permettiamo che essa venga di fatto applicata (o temuta: il che è comunque grave) dentro i nostri confini. 



Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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