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Dietro le quinte della guerra Russia contro Ucraina

La Russia, che ha mandato la maggior parte dei suoi uomini a combattere una guerra d’invasione in Ucraina, sta chiedendo ai pochi rimasti di lavorare, da bravi stakanovisti, 12 ore al giorno, anche nell’industria bellica. 

Tuttavia, poiché gli uomini non impegnati al fronte sono comunque pochi, ha pensato di attingere ad una nuova riserva: le scuole. I ragazzi dai quattordici anni in su possono andare a lavorare: una nuova legge li ammette anche alle lavorazioni pericolose.

In Bielorussia starebbe succedendo di peggio: i bambini (in particolare quelli che sono figli di ragazze madri) vengono sottratti alle famiglie; i ragazzini accusati di possesso di marjuana vengono imprigionati per anni e messi a lavorare per un euro al mese. Vengono torturati. Quando- e se- escono da quelle prigioni sono adulti disadattati alla vita; intanto i loro genitori devono pagare somme ingenti per riscattarli. La Bielorussia praticamente è uno Stato che sequestra i bambini. I suoi.

Quanto sopra emerge da una coraggiosa intervista rilasciata da una donna bielorussa – Olga Karach, candidata a premio Nobel per la pace nel 2024- a cui è dedicato il capitolo di un altrettanto coraggioso libro, intitolato “Pace senza armi- Dall’Ucraina alla guerra senza fine”, a cura di Emanuele Profumi, pubblicato alla fine del 2023 dalla casa editrice Round Robin.

Ci sembra opportuno soffermarci su questo capitolo perché dietro le quinte della guerra della Russia contro l’Ucraina non c’è solo un panslavismo senza limiti, ma anche l’appoggio dato alla Federazione russa da un paese noto giornalisticamente per essere l’ultima dittatura d’Europa dal 1994. Un mandato ininterrotto, quello del presidente Lukashenko, di cui per troppo tempo si è parlato troppo poco, venuto di recente alla ribalta quotidiana delle cronache per l’appoggio incondizionato a Putin. I bambini bielorussi per molto tempo in Italia sono stati conosciuti solo per le adozioni internazionali, per gli affidamenti temporanei estivi. 

Ma andiamo con ordine. Chi è Olga Karach? È la direttrice dell’organizzazione bielorussa per i diritti umani Our House, candidata al Premio Nobel per la Pace nel 2024 per le attività contro la guerra e il sostegno fornito agli obiettori di coscienza e ai disertori bielorussi. Olga Karach vive da molti anni in Lituania, ma potrà restare in questo Stato ancora per poco, perché il Paese le ha negato l’asilo politico, per motivazioni pretestuose del Dipartimento di Sicurezza.

Le parole dell’attivista riportate nel libro sono al tempo stesso una testimonianza e un’accusa: “Lukashenko ha cercato di costruire una specie di gulag nel paese. Abbiamo aiutato circa trenta, tra adolescenti e bambini, che vi erano stati imprigionati per moltissimo tempo. Ufficialmente con l’accusa di possesso di droga, ma in realtà era un modo per metterli a lavorare nelle industrie di Lukashenko per un euro al mese. […] Personalmente non uso droghe né sostengo chi lo fa. Ma che un ragazzo di 14 anni riceva una condanna a dieci anni di prigione, tra l’altro nelle prigioni bielorusse, solo perché ha fumato della marijuana, penso sia davvero sbagliato. Anche perché non esiste nessuna forma di scuola nelle prigioni” e ancora “In Bielorussia se le famiglie non pagano in tempo i servizi di luce, gas, elettricità, acqua, ecc., e se questo accade per due o tre mesi, lo Stato può sottrarre loro i bambini. Se sei una donna senza marito, con dei figli a carico, che perde anche il lavoro, lo Stato può farlo senza problemi. E non è tutto. Se ti sottraggono i bambini, devi anche pagare delle tasse speciali allo Stato. Come 100 dollari al mese per ogni bambino sottratto, sino a quando non riuscirai a riscattarli, pagando quanto ti chiedono.” 

I media indipendenti in Bielorussia sono stati chiusi. Solo propaganda, l’informazione libera non esiste. Olga Karach spiega il termine guerra ibrida in questa intervista: “Abbiamo attacchi dalla Russia, dalla Bielorussia, dalla Lituania, e questo solo perché ci occupiamo dei rifugiati bielorussi. […]  Quando è iniziata la guerra abbiamo cominciato a lavorare con gli obiettori di coscienza, e abbiamo chiesto a un avvocato lituano di aiutarci. […] Ma dopo diversi mesi il nostro avvocato è stato arrestato e messo in carcere su ordine del Dipartimento di Sicurezza nazionale con l’accusa di spionaggio per il Kgb. Ed è ancora in prigione”. In una parola Lukashenko vuole dire ai bielorussi che è inutile resistere o scappare in uno Stato vicino. In Bielorussia le donne sono in una condizione di inferiorità: non possono neanche guidare. Lo Stato entra a forza nelle famiglie, nella vita privata. Come succede in tutte le dittature. Europa, 2024.

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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