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Israele: forma di governo e sistema elettorale

Nonostante l’attuale stato di guerra tra Israele e Hamas, il leader centrista israeliano, nonché Ministro del Gabinetto di Guerra, Gantz ha chiesto le elezioni anticipate. Forte dei sondaggi nazionali che lo vedono in testa, il Ministro ha pubblicamente espresso questa volontà, ma ha incassato la risposta negativa del Likud, il partito del Primo Ministro Netanyahu.

Alla luce di questa possibile diatriba interna al Governo, si esaminano le caratteristiche fondamentali della forma di governo di Israele e del suo sistema elettorale.

Lo Stato di Israele è, dal punto di vista della forma di governo, una Repubblica parlamentare.

Il Capo di Stato è il Presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento monocamerale (la Knesset) a maggioranza semplice per un mandato di sette anni, non rinnovabile. 

Il Parlamento monocamerale è composto da 120 deputati eletti per quattro anni. Il Presidente della Repubblica nomina il Primo Ministro, ovvero il membro della Knesset che abbia maggiori probabilità di ottenere la maggioranza parlamentare che necessariamente deve sostenere il Governo.

Il sistema israeliano è basato sul principio della separazione dei poteri, con controlli e verifiche, per cui il ramo esecutivo (Governo) è soggetto alla fiducia del ramo legislativo (la Knesset), mentre l’indipendenza del sistema giudiziario è garantito dalla legge.

Dopo l’approvazione della legge fondamentale “Stato-Nazione del popolo ebraico” nel 2018, abbiamo avuto il rafforzamento del duplice e inscindibile carattere “ebraico e democratico” del Paese. L’articolo 1, lettera ‘b’ proclama Israele come “Stato-nazionale del popolo ebraico, nel quale esso realizza il suo diritto naturale, culturale, religioso e storico all’autodeterminazione”. 

Tale legge ha portato ad una valorizzazione del tratto ebraico dello Stato in due modi differenti. Il primo, senza alcuna problematica per il riconoscimento di garanzie individuali e collettive, ha interessato il riconoscimento ufficiale del tricolore orizzontale con la stella di David al centro, della menorah come emblema dello Stato, dell’Hatikvah come inno ufficiale, di Gerusalemme come capitale, la valorizzazione dell’immigrazione ebraica e la connessione spirituale e culturale con gli Ebrei della diaspora.

Altri riconoscimenti, invece, sono stati più controversi anche dal punto di vista costituzionale perché ancorano l’identità collettiva dello Stato a concetti o istituti specifici potenzialmente lesivi dell’uguaglianza sostanziale tra i cittadini. Il riferimento è al diritto di autodeterminazione esplicitamente riservato soltanto al popolo ebraico; il riconoscimento dell’ebraico come unica lingua ufficiale; il diritto all’insediamento nei cosiddetti territori occupati che, ex articolo 7 è presentato come un valore nazionale.

Il sistema elettorale israeliano è descritto dall’articolo 4 della Legge fondamentale, rubricato “La Knesset”. Questo prevede delle elezioni generali (perché il giorno delle elezioni, gli elettori votano per un partito politico nazionale regolarmente iscritto); nazionali (in quanto l’intero Paese costituisce un’unica circoscrizione elettorale); dirette (la Knesset è eletta direttamente dagli elettori e non attraverso un corpo elettorale) e attraverso un sistema proporzionale. Quest’ultimo prevede che i 120 seggi della Knesset vengano assegnati in proporzione alla percentuale di ciascun partito sul totale dei voti nazionali. Tuttavia, il minimo richiesto affinché un partito possa vincere un seggio alla Knesset è superare la soglia di sbarramento del 2%. 

I seggi alla Knesset vengono assegnati in proporzione alla percentuale di ciascun partito sul totale dei voti nazionali. I voti in eccesso di un partito, non sufficienti per raggiungere un seggio aggiuntivo, vengono ridistribuiti tra i vari partiti in base alla loro dimensione proporzionale risultante dalle elezioni o come concordato in un precedente momento tra gli stessi partiti.  

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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