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Middle East Air Defence, l’embrione di una NATO su scala mediorientale?

Dal 2022, l’amministrazione Biden esorta le nazioni arabe a collaborare con Israele per contrastare la minaccia iraniana, ma la continua sfiducia, sia reciproca tra i paesi sunniti che con lo stato ebraico, e le differenze tecnologiche hanno fatto sì che qualsiasi tipo di alleanza rimanesse lontana per anni. Ad esempio, le differenze tecnologiche tra Egitto e Arabia Saudita non dipendono solo dalla linearità dello sviluppo, ma anche dal fatto che hanno approvvigionamenti e catene produttive non conciliabili, dal momento che la filiera egiziana si è formata sotto l’influenza russa, mentre quella saudita ha ricevuto input soprattutto di matrice statunitensi.

Nonostante le difficoltà iniziali, lo stesso ​​portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale statunitense, John Kirby, ammise nel luglio 2022 come fossero in corso trattative con le nazioni della regione su una difesa aerea più cooperativa di fronte alla crescente minaccia proveniente dall’Iran, evidenziando una crescente convergenza di intenti tra le nazioni nella regione che temevano l’avanzamento del programma missilistico balistico dei Pasdaran e il loro sostegno alle reti terroristiche. Il momento di svolta si era verificato nel settembre del 2021, quando il Pentagono trasferì Israele dal suo Comando militare europeo al Comando Centrale in Medio Oriente (Centcom, il quartier generale che sovraintende anche alla missione militare Prosperity Guardian, creata per contrastare gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso), rafforzandone la collaborazione militare con gli stati arabi. I paesi del Golfo, in particolare gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, non solo hanno normalizzato con Israele, ma hanno anche approfondito le loro relazioni a livelli sociopolitici, economici e militari. L’Arabia Saudita ha anche migliorato i suoi legami informali con Israele, inclusa la condivisione dell’intelligence. 

Da allora, l’alleanza regionale mediata dagli Stati Uniti, che coinvolge Israele e paesi arabi sunniti alleati, nota come Middle East Air Defense (MEAD), ossia la versione militare degli accordi di Abramo siglati nel 2020, è divenuta operativa, con lo scopo di facilitare lo scambio di informazioni tra i paesi membri e le loro capacità militari per contrastare il rischio di un attacco da parte dell’Iran. I membri effettivi dell’alleanza sarebbero ancora segreti: tuttavia, stando ad alcune informazioni trapelate negli ultimi mesi, alle riunioni tra autorità militari avrebbero partecipato funzionari provenienti da Israele, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Uniti, Giordania, Egitto, Bahrein e Marocco.

Il 14 aprile, Israele e i suoi alleati hanno contrastato oltre il 99% di un massiccio attacco iraniano costituito da droni Shahed, missili da crociera e missili balistici. L’attacco è stato annichilito da membri della Middle East Air Defense Alliance guidata dagli Stati Uniti, a cui hanno materialmente contribuito jet della RAF britannici, unità tecnologiche francesi, forze aeree giordane e dell’aeronautica americana, ma si è registrato anche supporto strategico fornito da altri Paesi arabi come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, fondamentale per intercettare le rotte dei droni e dei missili da abbattere. La Marina americana ha abbattuto almeno tre missili balistici utilizzando il sistema di difesa missilistico Aegis a bordo di due cacciatorpediniere lanciamissili nel Mediterraneo orientale. La maggior parte delle munizioni sopravvissute furono poi abbattute dal sistema di difesa israeliano Iron Dome. Almeno cinque missili sono penetrati attraverso queste difese e hanno colpito obiettivi all’interno, e nei dintorni, di una base aerea nel deserto del Negev. Questi cinque colpi non hanno provocato vittime e non hanno causato quasi nessun danno segnalato. Funzionari israeliani hanno lasciato intendere che anche altri stati arabi hanno aiutato nelle operazioni di difesa, offrendo informazioni di intelligence e assistenza per il rilevamento degli ordigni. 

Il ministro della Difesa Yoav Gallant, a riguardo, è stato particolarmente chiaro: «insieme agli Stati Uniti e ad altri partner, siamo riusciti a prevenire quasi tutti i danni, tranne quelli minimi, in territorio israeliano, un risultato davvero impressionante da parte dell’IDF. […] Il mondo ha anche visto il potere della coalizione e come Israele, insieme agli Stati Uniti e ad altri paesi, si sia opposto e abbia bloccato questo attacco in un modo senza precedenti». In estate, l’ex ministro della difesa israeliano Benny Gantz ha annunciato che l’alleanza era già in corso. Anche se la costituzione formale e i dettagli aggiuntivi di questa alleanza non sono stati confermati, il re di Giordania Abdullah ha dichiarato a CNBC a giugno che il suo paese avrebbe preso parte alla nuova iniziativa. 

Anche se Gallant non ha menzionato la Giordania, i piloti della loro aeronautica hanno partecipato alla missione per respingere i missili a lungo raggio iraniani e gli sciami di droni, o gli altri paesi, Israele deve guardare con fermezza alla nuova realtà regionale: tuttavia, solo la Giordania ha riconosciuto pubblicamente di aver avuto un ruolo attivo, mentre i governi arabi, al contrario, hanno detto molto poco a riguardo, né confermando né negando alcun coinvolgimento. I dettagli completi di come questi stati arabi abbiano contribuito a proteggere Israele, contribuendo a salvare vite israeliane dai missili e dai droni, potrebbero non essere conosciuti per un po’. Indipendentemente da ciò, questo momento segna un cambiamento storico. 



Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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