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Dal Qatar alla Turchia. Hamas cambia “casa”?

Confermando una strategia estera volta a sfruttare le occasioni fornite dalle crisi geopolitiche, Recep Tayyip Erdoğan, esattamente come quando nel 2022 si propose come mediatore per la crisi in Ucraina, tenta di ritagliarsi un ruolo da protagonista nella crisi in Medio oriente. 

Lo scorso 20 aprile, al palazzo Dolmabahce a Istanbul, mentre la Camera degli Stati Uniti approvava il pacchetto da 26 miliardi di dollari di aiuti a Israele, s’è svolto un colloquio di due ore e mezzo tra il leader politico di Hamas Ismail Haniyeh e il presidente turco Erdoğan, accompagnato dal ministro degli Esteri Hakan Fidan e dal direttore dell’Organizzazione nazionale di intelligence İbrahim Kalın. Durante l’incontro, in cui Erdogan ha ribadito che la Turchia continuerà a compiere tutti gli sforzi possibili per creare uno Stato indipendente palestinese, sono state discusse questioni relative al cessate il fuoco e alla fornitura di aiuti umanitari a Gaza. Ciò conferma uno scivolamento sempre maggiore di Hamas tra le braccia della Turchia, avviatosi dalle dichiarazioni di Erdoğan del 25 ottobre 2023, al Parlamento di Ankara, in cui difese fin da subito l’organizzazione palestinese, affermando che «Hamas non è un gruppo terroristico, ma un gruppo di liberatori che proteggono la loro terra».

Pochi giorni prima, il 17 aprile, il ministro degli Esteri turco, già capo dell’intelligence, Hakan Fidan era stato in Qatar. 

Nell’occasione, il primo ministro qatariota, Sheikh Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani, ha affermato che Doha sta rivalutando il proprio ruolo di mediatore nei colloqui volti a un cessate il fuoco nella guerra Israele – Hamas. 

L’annuncio del Qatar sembra essere un chiaro segnale agli Usa e ad Israele di una “cessione del testimone” di paese mediatore nel conflitto tra Israele e Hamas alla Turchia. Tuttavia, gli Stati Uniti e Israele farebbero fatica a vedere Erdoğan nei panni di mediatore affidabile e imparziale, viste non solo le strette relazioni politiche e collaborative della Turchia nei confronti di Hamas, ma anche le recenti dichiarazioni di sostegno alla causa palestinese da parte del presidente turco, di cui si riporta: «La Turchia continuerà i suoi sforzi diplomatici per attirare l’attenzione della comunità internazionale sull’oppressione dei palestinesi e in ogni occasione sottolineerà la necessità di porre fine alla brutalità di Israele a Gaza, l’urgenza di un cessate il fuoco permanente e una fornitura adeguata e ininterrotta di aiuti umanitari». Secondo Erdoğan, che ha incassato gli elogi da parte di Haniyeh, la soluzione al conflitto e la creazione di una pace permanente devono passare per la creazione di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme est. Trattative che sono giunte da tempo ad una fase di stallo, complice la crescente sfiducia tra Hamas e i negoziatori e l’inamovibilità di Israele verso il rilascio totale dei 130 ostaggi come condizione imprescindibile per un cessate il fuoco. Erdoğan, che pochi giorni fa fece un parallelismo tra i terroristi di Hamas e le forze rivoluzionarie turche che si batterono per l’indipendenza dell’Anatolia negli anni ‘20, certamente non verrebbe accolto a braccia aperte in Israele, ma potrebbe comunque offrirsi come intermediario per facilitare i negoziati tra Palestinesi e Israeliani, ad esempio per quanto riguarda la liberazione degli ostaggi. 

La visita del leader politico di Hamas avvalora la tesi secondo cui l’organizzazione palestinese, dopo 12 anni di presenza in Qatar, starebbe valutando la possibilità di spostare il quartier generale della sua leadership politica al di fuori dai confini di Doha. A sostegno di questa tesi, si ricordano le pressioni da parte degli Stati Uniti al governo qatariota: all’inizio di aprile, il senatore repubblicano Ted Bud ha presentato un disegno di legge volto a rimuovere al Qatar lo status di major non–NATO Ally, a meno che il paese non avesse espulso i leader di Hamas dal suo territorio. Lo status di cui sopra consente agli Usa di avere basi militari nel paese e di eseguire esercitazioni congiunte e cooperazioni militari con il paese ospitante. Il Wall Street Journal, citando fonti arabe, sostiene che Hamas negli ultimi giorni avrebbe contattato almeno due Paesi nella regione dell’area Mena chiedendo la disponibilità a ospitare il Politburo dell’organizzazione.

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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