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Leva militare obbligatoria: la situazione legislativa in Europa

La grave crisi che sta vivendo l’Europa in termini di sicurezza e stabilità dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina rischia di toccare, come si evince dagli eventi militari e dai discorsi di alcuni leader europei delle ultime settimane, dei punti di non ritorno.

In particolare, le parole del Presidente francese Macron destano maggiore preoccupazione in quanto il capo dell’Eliseo è stato il primo a parlare di un intervento militare tramite contingenti di soldati in Ucraina, qualora le truppe di Mosca dovesse fare breccia nelle linee difensive ucraine.

A tal proposito, nonostante questa iniziale chiamata alle armi non abbia riscontrato successo da parte degli altri leader europei, ci chiediamo quale sia la situazione giuridico-legislativa dei Paesi dell’UE sulla obbligatorietà o meno del servizio militare.

Partendo dal nostro Paese, l’Italia è stata caratterizzata dalla obbligatorietà della leva militare dal 1861 al 2004. La Costituzione, ex articolo 52, comma 1, dichiara che “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”. 

Nell’Italia repubblicana, l’articolo 1 del D.P.R. 237/1964 prevedeva la cosiddetta “chiamata alle armi” per tutti i cittadini italiani esclusivamente di sesso maschile e maggiorenni e per un periodo di tempo generalmente non superiore all’anno. In seguito, dagli anni Settanta, suddetta legge ha subito delle eccezioni (prima previsione sugli obiettori di coscienza con la legge 772/1972) e delle restrizioni temporali. Su quest’ultimo aspetto, la durata è progressivamente diminuita fino a raggiungere la quota dei 10 mesi nel 1997. 

Da questo periodo, una serie di lavori parlamentari si sono susseguiti al fine di espungere dall’ordinamento l’obbligatorietà della leva militare. Il passo definitivo è rappresentato dalla legge 226/2004 che ha previsto la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata. 

Nel settembre 2009, in seguito alla promozione dell’iniziativa “Pianeta Difesa” (nata con l’obiettivo di sensibilizzare le giovani generazioni sul servizio militare), il decreto legislativo 66/2010 (codice dell’ordinamento militare) e il D.P.R. 90/2010 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare) hanno previsto la cosiddetta “mini-naja”. In particolare, si parla di un breve periodo volontario di leva militare per un periodo al massimo di tre anni per donne e uomini da un minimo di 16 ad un massimo di 25 anni. 

Oggi, il ministero della Difesa è al lavoro per una legge che riguarda l’introduzione di una riserva ausiliaria dello Stato, quindi delle Forze armate, composta da non oltre diecimila unità, come già auspicato dalla legge 119/2022, introdotta dal precedente governo, che proprio in quell’anno ha fornito una delega all’Esecutivo. 

La legge di cui sopra ha prorogato al 2034 il termine per la riduzione delle dotazioni organiche complessive delle Forze armate a 150.000 unità, prevista dalla legge 244/2012.

Per quanto riguarda la rimodulazione a 160.000 unità degli organici delle Forze armate, è stato esaminato dal Parlamento l’ A.G. 57, che reca disposizioni intese a  incrementare di 10.000 unità l’entità complessiva delle dotazioni organiche delle Forze Armate,  rideterminando a 160.000 unità il “Modello professionale delle Forze armate”, a decorrere dal 1° gennaio 2034.

Il Presidente della Commissione Difesa della Camera Nino Minardo ha presentato una proposta di legge che una riserva militare da mobilitare rapidamente in caso di grave minaccia per la sicurezza del Paese o di stato d’emergenza. Stando alla proposta, i riservisti verrebbero attinti esclusivamente dal bacino dei cittadini italiani che hanno già prestato servizio come Volontari in Ferma Triennale (VFT) o Volontari in Ferma Iniziale (VFI) e che attualmente sono in congedo. Ciò consentirebbe di selezionare, su base volontaria, personale già formato e addestrato dalle Forze Armate. La riserva potrebbe essere mobilitata dal Governo sia in tempo di conflitto o di grave crisi per la sicurezza dello Stato, sia per la difesa dei confini nazionali, sia in caso di dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale da parte del Consiglio dei ministri. 

La situazione legislativa in Europa vede la prevalenza della volontarietà della leva militare. Paesi come Spagna (volontaria dal 2002), Portogallo (dal 1999), Francia (apertura, dal 2006, al servizio militare civile), Belgio (abolizione dell’obbligatorietà nel 1994) e Regno Unito (volontarietà concessa dal 2001) costituiscono ancora oggi la maggioranza. Dall’altra parte, invece, troviamo Stati come Grecia e Austria dove la leva militare è ancora obbligatoria.

Risulta molto interessante sottolineare, in questa sede, la condizione dei Paesi scandinavi che hanno fatto da poco il loro ingresso nella NATO. Ci riferiamo alla Svezia e alla Finlandia. In particolare, in Svezia non esiste il servizio civile volontario, ma solo un servizio alternativo a quello militare per gli obiettori di coscienza; in Finlandia, invece, il servizio militare è ancora obbligatorio e dura da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 12. 

La Scandinavia rappresenta un caso molto particolare se allarghiamo il discorso anche a Norvegia e Danimarca. La legge norvegese prevede il servizio militare obbligatorio per tutti gli uomini con una durata che va dai 6 ai 12 mesi e prevede la possibilità di richiamare coloro che hanno già prestato servizio per nuove esercitazioni fino ad un’età massima di 44 anni. Invece, la Danimarca ha contingenti militari formati per il 30% da un esercito permanente e per il restante 70% da volontari. La particolarità di questi Stati è accentuata dal fatto che questi quattro Paesi abbiano rappresentato, nel marzo 2023, il primo esempio di difesa aerea unificata per contrastare la minaccia aerea. Ricordiamo che questo accordo, dal punto di vista temporale, è antecedente all’ingresso di Stoccolma ed Helsinki nella Alleanza atlantica.

Dal febbraio 2022, stiamo assistendo a possibili nuovi scenari legislativi sulla leva militare. 

La premier danese Frederiksen ha annunciato l’introduzione della coscrizione femminile a partire dal 2026, e l’estensione del servizio di leva da quattro a 11 mesi sia per gli uomini sia per le donne dichiarando la necessità di riarmarsi. La Danimarca, insieme a Norvegia (legge del 2013) e Svezia (legge del 2017), è il terzo Stato a richiedere alle donne di servire nelle forze armate. 

La Germania ha iniziato a valutare la reintroduzione della leva semi obbligatoria, ispirata al modello svedese. Il ministro della Difesa, Pistorius, punta a preparare una proposta per rendere la chiamata alle armi realizzabile in tempi stretti. 

La Francia, invece, va nella direzione di un innalzamento del limite di età per i riservisti dell’esercito. Fissata attualmente tra i 62 e i 65 anni, a seconda dei casi, la soglia si potrebbe spostare tra i 70 e 72 anni, a seconda della casistica. Il ministro delle forze armate Sébastien Lecornu ha spiegato che l’obiettivo è contare “a lungo termine su 300.000 soldati, di cui 100.000 riservisti”.

Vanni Nicolì – PhD Student 

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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