Brucia il Fronte Nord in Libano: Hezbollah nel Mirino di Israele
- 10 Giugno 2024
La tensione lungo la frontiera nord tra Israele e Libano è in crescita incandescente, con il rischio di una nuova guerra imminente. Hezbollah è il prossimo obiettivo di Tel Aviv, ma cosa significa questo per la stabilità della regione già precaria?
Negli ultimi giorni, la retorica bellica tra Israele e Libano è salita a livelli preoccupanti. Commenti incendiari da parte di funzionari israeliani, come quelli del Ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, e del Ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, hanno alimentato la paura di un imminente conflitto su larga scala. Smotrich ha parlato della necessità di invadere il Libano meridionale e di infliggere danni sostanziali a Beirut, definita come “capitale del terrorismo”. Parole simili sono state pronunciate da Ben-Gvir, che ha invocato la distruzione totale delle roccaforti di Hezbollah.
La situazione attuale richiama alla mente i conflitti recenti tra Tel Aviv e Hezbollah, in particolare la seconda guerra del Libano (come viene definita in Israele) del 2006, che ha lasciato cicatrici profonde su entrambe le nazioni. Allora come oggi, l’escalation è iniziata con scontri lungo la frontiera e attacchi reciproci che hanno rapidamente coinvolto la popolazione civile. Kiryat Shmona, una città israeliana al confine, ha recentemente subito incendi devastanti a causa di un intenso attacco con droni suicidari di Hezbollah contro obiettivi dello Stato ebraico, con i residenti che lottano contro il fumo e le fiamme, un’immagine che riporta ai ricordi della guerra passata.
Rispetto alla recente operazione contro Hamas a Gaza, uno scontro a tutto campo contro Hezbollah vedrebbe un impegno molto più massiccio delle Forze di Difesa Israeliane (IDF). La potenza di fuoco che Israele può schierare sarebbe significativamente maggiore, con l’impiego di artiglieria pesante, attacchi aerei di precisione e forse anche incursioni terrestri. L’obiettivo dichiarato sarebbe non solo distruggere le capacità militari di Hezbollah, ma anche indebolire infrastruttura e capacità logistiche del Partito di Dio.
La popolazione civile del nord di Israele è preparata per vivere sotto la minaccia dei razzi. La maggior parte dei residenti rimarrebbe nelle proprie case, rifugiandosi nei numerosi rifugi antiaerei disponibili. Questa situazione contrasta fortemente con quella in Libano, dove la maggior parte delle persone non dispone di strutture simili. In caso di guerra, molti civili libanesi sarebbero esposti a gravi pericoli senza adeguati rifugi.
Israele si trova attualmente sotto una pressione crescente da parte della propria popolazione, specialmente dagli abitanti delle regioni di confine che sono stati evacuati. I cittadini chiedono misure decisive per garantire la sicurezza e permettere loro di tornare alle proprie case. I sondaggi mostrano che oltre il 55% della popolazione israeliana è favorevole a una guerra contro Hezbollah, un dato che ha spinto i leader politici a considerare l’azione militare come soluzione inevitabile.
Ma le divisioni all’interno del governo israeliano sono evidenti. Mentre i politici estremisti spingono per una guerra immediata, l’establishment militare esprime cautela. Il Capo di Stato Maggiore, Herzi Halevi, ha affermato che l’esercito è pronto ma ha sottolineato i rischi significativi di una guerra contro Hezbollah, un nemico dotato di notevoli capacità di dissuasione.
A differenza di Hamas, che rappresenta una larga parte della popolazione a Gaza, Hezbollah rappresenta una minoranza in Libano, costituita principalmente da sciiti duodecimani. Una guerra su larga scala rischierebbe di compromettere gravemente il futuro di questa comunità, nel quadro di un delicato intarsio settario, rendendola vulnerabile agli attacchi dei suoi avversari locali – in primis, le Forze libanesi, a prevalenza cristiano-maronita – cercando di riprendersi dalle devastazioni. Questo potrebbe destabilizzare ulteriormente il Libano, una nazione già alle prese con una crisi economica e politica che attanaglia il Paese da ormai cinque anni. Le ripercussioni sulla Mezzaluna sciita, il network dei Paesi fedeli a Teheran che arriva fino a Gaza e minaccia Israele, non tarderebbero a tuonare.. Lo dimostra la storia recente.
La comunità internazionale osserva con apprensione. Gli Stati Uniti, pur riconoscendo il diritto di Israele di difendersi, hanno espresso chiaramente la loro opposizione a una guerra aperta. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano ha avvertito che una escalation causerebbe pesanti perdite umane da entrambi i lati e metterebbe a rischio la sicurezza di Israele.
Nel frattempo, diplomatici occidentali a Beirut hanno riportato avvertimenti riguardanti un’inevitabile escalation in assenza di un accordo. Alcuni pensano a tattiche intimidatorie, mentre altri li considerano un segnale della necessità di ridurre le tensioni immediatamente. Amos Hochstein, inviato americano, ha proposto di rilanciare le negoziazioni, trovando tuttavia resistenza da parte del Parlamento libanese, che preferisce attendere la fine del conflitto a Gaza. Intanto si continua a trattare per fermare la guerra dopo la proposta annunciata da Joe Biden.
Non è la prima volta che si sente parlare di una possibile invasione del Libano. Già nel 2006, prima dello scoppio della seconda guerra israelo-libanese, i segnali di un imminente conflitto erano evidenti. Le manovre militari ebraiche e le dichiarazioni bellicose preannunciavano un’escalation inevitabile. Quella guerra ha portato devastazione e perdite da entrambi i lati, ma non ha risolto le tensioni di fondo lacerate dall’operazione Pace in Galilea, il 6 giugno 1982. Sono trascorsi più di quarant’anni. Oggi, la storia sembra ripetersi, con un nuovo capitolo di un vecchio conflitto che potrebbe scriversi nei prossimi mesi.
La possibilità di una guerra imminente tra Israele e Hezbollah è una questione complessa e carica di conseguenze. Da un lato, c’è una reale necessità di sicurezza per i cittadini israeliani che vivono lungo la frontiera nord. Dall’altro, l’invasione del Libano comporta rischi enormi e potrebbe trascinare l’intera regione in un nuovo ciclo di violenza. La comunità internazionale, insieme ai leader moderati da entrambe le parti, deve lavorare instancabilmente per trovare una soluzione diplomatica che eviti un’altra guerra devastante.
In un contesto di incertezza e paura, le parole del ministro israeliano Bezalel Smotrich risuonano come un avvertimento: “Dobbiamo creare una situazione in cui il Libano sarà occupato a ricostruire ciò che rimane, non a fare regnare il terrore contro Israele”. Resta da vedere se la diplomazia riuscirà a prevalere su queste fosche previsioni o se il Fronte Nord si trasformerà ancora una volta in un campo di battaglia.
Alessio Zattolo – PhD Student