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Trump, come presidente è “assolutamente” immune: cosa dice, in breve, la sentenza della Corte Suprema

Il 1° luglio 2024, la Corte Suprema americana ha adottato la sentenza sul caso inerente alla responsabilità penale dell’ex Presidente Donald Trump per le condotte applicate in seguito alla vittoria elettorale dell’attuale Presidente Biden.

Il 1° luglio 2024, la Corte Suprema americana ha adottato la sentenza sul caso inerente alla responsabilità penale dell’ex Presidente Donald Trump per le condotte applicate in seguito alla vittoria elettorale dell’attuale Presidente Biden. 

La sentenza ha stabilito che Trump non può essere perseguito per azioni che rientravano nei suoi poteri costituzionali, in qualità di Presidente degli Stati Uniti. 

Nello specifico, la votazione della Corte ha visto un risultato di sei pareri contro tre.

Il giudice Roberts ha sostenuto che, in base alla struttura costituzionale americana, che prevede la separazione dei poteri, la natura di quello presidenziale richiede che un ex Presidente abbia una certa immunità da procedimenti penali per atti ufficiali compiuti durante il proprio mandato e in esercizio delle sue funzioni. 

Nella decisione presa, leggiamo che l’immunità per gli ex Presidenti è “assoluta” rispetto ai loro poteri costituzionali fondamentali ed è “presuntiva” per atti che rientrano nel perimetro esterno della sua responsabilità ufficiale.

Gli avvocati dell’ex Presidente hanno fatto leva, su questo punto, richiamando l’attività della Corte Suprema che nel 1982 aveva sospeso le cause civili contro la figura del Presidente per azioni commesse nell’esercizio delle sue funzioni. Questa tradizione giuridica è stata, molti diversi anni dopo, richiamata nella causa Clinton v. Jones del 1997 dove si è impedito un’azione legale di questo tipo. 

Su quest’ultimo punto, il giudice Roberts ha sottolineato la necessità, per un Presidente, di svolgere i doveri del suo ufficio senza paura e in modo equo, senza la minaccia di essere perseguito. A tal proposito, la Corte ha richiamato il precedente offerto dalla sentenza Nixon v. Fitzgerald (proprio del 1982) dove si sostiene al Presidente è affidata una responsabilità di vigilanza e di politica di massima discrezione e sensibilità. Invece, per quanto riguarda gli atti non ufficiali, non esiste alcuna forma di immunità. 

Inoltre, la Corte ha analizzato quattro categorie di condotta contenute nell’atto di accusa. Le sue discussioni con i funzionari del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti dopo le elezioni; la sua presunta pressione sull’allora vicepresidente Mike Pence per bloccare la certificazione del Congresso della vittoria di Biden; il suo presunto ruolo nell’assemblare falsi elettori pro-Trump da utilizzare nel processo di certificazione e la sua condotta relativa all’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti da parte dei suoi sostenitori.

I giudici hanno ritenuto che Trump fosse assolutamente immune per le conversazioni con i funzionari del Dipartimento di Giustizia; “presumibilmente immune” per quanto riguarda gli altri tre punti. La Corte, indirizzandosi verso una presumibile immunità, ha rinviato la decisione sul riconoscimento effettivo dell’immunità presidenziale alle Corti di rango inferiore.

Questa sentenza può definirsi “storica”, avendo messo per iscritto, per la prima volta, che gli ex presidenti possono essere protetti dalle accuse penali praticamente in qualsiasi caso.

Vanni Nicolì – PhD student

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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