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Il meteo europeo minaccia tempesta

In Europa non solo il clima atmosferico, ma anche quello politico minaccia tempeste per l’anno che sta arrivando. Come è noto, sul piano meteorologico sono gli scontri tra masse di aria calda e fredda a scatenare le emergenze climatiche più gravi: una prognosi che, fuor di metafora, può ben attagliarsi anche alle condizioni politiche che potrebbero verificarsi nel vecchio Continente nel corso del 2024.

Le “masse di aria calda” che aleggiano in Europa sono provocate dalle tante crisi registrate durante l’anno che sta per terminare, sia all’interno che all’esterno dei confini europei. Vengono alla mente i tradizionali fattori di tensione già noti: il conflitto in Ucraina, che nelle ultime settimane ha visto un recupero delle forze armate russe contestualmente ad un’inattesa tenuta dell’economia di Mosca, a fronte della conseguente difficoltà di Kiev a mantenere un costante livello di supporto strategico ed economico da parte dell’Occidente; la permanenza di consistenti flussi migratori verso l’Europa sia dalla rotta nordafricana che da quella balcanica, a cui le istituzioni comunitarie tentano di porre rimedio con strumenti come il Patto UE per la Migrazione e l’Asilo, approvato in extremis il 21 dicembre in sede di Trilogo a Bruxelles e sulla cui reale efficacia sono stati in molti già a sollevare consistenti perplessità; la necessità di rilanciare un’economia europea ferma ormai da tempo, che difficilmente troverà grandi incentivi alla crescita nel nuovo Patto di Stabilità anch’esso concordato negli ultimi giorni dell’anno in un contesto impegnato soprattutto a salvaguardare il rientro dell’indebitamento degli Stati Membri; le varie crisi internazionali, che sempre più spesso evolvono in una dimensione anche militare – si pensi all’Ucraina, certo, ma anche al conflitto israelo-palestinese, alle ostilità finora più o meno occasionali ai confini esterni orientali di Polonia e Finlandia, o alla per ora solo potenziale degenerazione delle tensioni tra Cina e Taiwan, tra gli altri – e che a dispetto della distanza geografica coinvolgono pesantemente anche gli interessi europei. 

Di contro, spiccano le “fredde temperature” che si registrano al momento in tante cancellerie europee: freddezza rispetto alla capacità di definire reali strategie comuni, che per essere efficaci richiederebbero la capacità dei singoli governi nazionali di rinunciare a parte delle proprie prerogative in nome di azioni condivise incentrate su una reale governance del vecchio Continente. Gli accordi pure raggiunti e sopra citati, come il Patto UE sulle migrazioni e la revisione del Patto di Stabilità, appaiono più come dei necessari passaggi intesi ad evitare stalli e reviviscenze di normative precedenti, che l’esito di effettivi negoziati di respiro realmente europeo. Il tutto mentre in molti degli Stati membri elezioni recenti e sondaggi di opinione segnalano la crescita di movimenti euroscettici, sovranisti e con forti tratti di antidemocraticità. 

Se questa è la mappa del “meteo” europeo che ci attende nel 2024, non è difficile prevedere tempeste che potrebbero finanche rivelarsi “perfette”, nel momento in cui allo scontro tra il calore delle crisi e il gelo degli attori politici dovesse seguire nelle elezioni europee del prossimo giugno un successo delle tante forze reazionarie in campo, intenzionate a sostituire una reale integrazione europea con un ritorno ad un’Europa mero assemblaggio di singole politiche di interesse nazionale. Chiaramente, un’opzione del genere non fornirebbe alcuna risposta alle crisi di cui sopra e alle altre che potrebbero venire, ma questo non interessa a chi concepisce la politica in una dimensione esclusivamente statale, e vede la dimensione europea soltanto come un’indebita e pericolosa perdita delle rispettive quote di sovranità nazionali. Augurarsi semplicemente che il tempo migliori non sarà di grande aiuto: serve un responsabile rialzo delle temperature dell’integrazione europea, e che arrivi in fretta.

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

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