GEODI – UNINT

Chi era Marwan Issa, il numero 3 di Hamas ucciso dall’IDF

Lunedì 18 marzo Jake Sullivan, il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, ha confermato l’uccisione, avvenuta il 10 marzo, in un attacco aereo israeliano di Marwan Issa, braccio destro del capo militare di Hamas, nonché uno dei suoi più importanti dirigenti, noto anche come «l’uomo nell’ombra» per la sua abilità nello sfuggire all’IDF e ai precedenti tentativi di assassinio a partire dal 2006. Sullivan ha, inoltre, aggiunto che Israele ha anche «distrutto un numero significativo di battaglioni di Hamas e ucciso migliaia di combattenti di Hamas, compresi comandanti anziani … Il resto dei massimi leader sono nascosti, probabilmente nel profondo della rete di tunnel di Hamas, e la giustizia arriverà anche per loro».

Tamir Heyman, ex capo dell’intelligence militare israeliana, ha affermato al New York Times che Issa era al tempo stesso «il ministro della Difesa» di Hamas, il suo vice leader militare e la sua «mente strategica». Nato nel 1965 in un campo profughi nella zona centrale della striscia a Gaza, Marwan Issa, il cui nome di battaglia era Abu Baraa, ha ricoperto un ruolo di primo piano nell’ala militare del movimento, dividendosi sia tra compiti di natura bellica che politica. Egli ha partecipato attivamente alla preparazione del piano d’assalto del 7 ottobre, ricoprendo dal 2012 il ruolo di braccio destro di Mohammed Deif, il numero uno delle Brigate al Kassam, in seguito alla morte di Ahmed Jaabari. 

Tuttavia, secondo diverse fonti, Issa si era occupato di aspetti organizzativi legati all’addestramento e alla preparazione tecnica, rimanendo all’oscuro sull’inizio dell’operazione, un’informazione limitata ad una cerchia ristretta di cinque nomi composta da Yahya Sinwar e il fratello Mohammed, Rouhi Mustava, Ayman Nofal, uno dei comandanti operativi che è stato successivamente ucciso, e Deif. Nonostante ciò, lo Shin Bet ha inserito Marwan Issa nella lista dei più ricercati indicandolo come numero tre della fazione.

Arrestato per la prima volta da Israele nel 1987 per le sue azioni durante la Prima Intifada, trascorse i successivi 5 anni della sua vita in carcere, per poi essere rilasciato nel 1993. L’Autorità nazionale palestinese lo mandò nuovamente in carcere nel 1997, finché non venne rilasciato nel 2000 all’inizio della Seconda Intifada. Nonostante le poche informazioni a disposizione sul suo profilo, gli USA lo inserirono il 10 settembre 2019 nella lista «Terrorist Designations under Amended Executive Order to Modernize Sanctions to Combat Terrorism». 

Operazione di questo genere mirate a colpire direttamente i vertici di Hamas, piuttosto che iniziative massicce che colpiscono in maniera indiscriminata civili e terroristi, soddisfano maggiormente le aspettative degli USA, alleato più potente di Israele: in una telefonata di lunedì 11 marzo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto al primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu di essere profondamente preoccupato per un’offensiva di terra pianificata a Rafah, aggiungendo che un’operazione nella sovraffollata città meridionale di Gaza sarebbe un «errore».

Coordinamento a cura di Ciro Sbailò

Università degli Studi Internazionali di Roma - UNINT

Via Cristoforo Colombo, 200 - 00147 Roma | C.F. 97136680580 | P.I. 05639791002 | Codice SDI: M5UXCR1 | Mail: geodi@unint.eu