Radicale italiano dell’ISIS arrestato a Torino
- 4 Giugno 2024
All’alba del 28 maggio, si è verificato a Torino l’arresto di Halili Elmahdi da parte della Digos. Elmahdi, ventinovenne marocchino naturalizzato italiano, è accusato di partecipazione ad associazione terroristica internazionale, ed è considerato l’autore dello scritto «Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare». Individuato dai nostri servizi di intelligence tra il 2014 e il 2015, si tratta di un documento di 64 pagine di propaganda rivolto agli aspiranti terroristi italiani, scritto in perfetto italiano e firmato «Il vostro fratello in Allah, Mehdi».
Il testo, nel tentativo di mostrare al lettore la vera natura dello Stato Islamico, si apre con un Hadith di Muhammad, in cui Egli «ordinò di ascoltare l’accusato allo stesso modo di come si è ascoltato l’accusatore, ai giorni d’oggi invece, la maggior parte dei Musulmani ha giudicato l’entità dello Stato Islamico prestando attenzione solo agli accusatori ascoltando decine di fatawa di ‘ulamaa, leggendo decine di articoli e ascoltando centinaia di notizie accusanti lo Stato Islamico, contemporaneamente però, ignorando totalmente qualsiasi tentativo di difesa da parte delle organizzazioni mediatiche del Dawla al-Islamiya».
Il pdf di 64 pagine, contenente grafici, interviste e spiegazioni, elogiava la vita nelle zone controllate dall’Isis, dove si era instaurata una “reale sicurezza” grazie all’applicazione della Sharia e delle punizioni regolamentate dal Libro di Allah, facendo calare «i reati del 90%». Pur non contenendo minacce esplicite all’Italia, presenta una chiara chiamata alle armi e si evoca la conquista di Roma, come si può leggere a pagina 60: «Accorrete oh Musulmani, questo con il permesso di Allah è il Califfato Islamico che conquisterà Costantinopoli e Roma come Muhammad profetizzò».
Egli era stato arrestato già due volte, nel 2015 e nel 2018, mentre viveva a Lanzo, nel Torinese, con accuse erano legate al terrorismo e ai suoi collegamenti con il Daesh, per il quale conduceva una campagna di radicalizzazione e proselitismo online. Venne condannato nel 2019 per aver partecipato all’organizzazione terroristica, con sentenza divenuta irrevocabile nel 2022, per poi essere scarcerato a fine luglio 2023. Gli investigatori, monitorando l’attività online di Halili, scoprirono che contattava anche italiani interessati allo Stato Islamico tramite chat private, diventando una sorta di imam digitale. Nonostante fosse in carcere, Halili continuò la sua campagna di proselitismo, diventando sempre più violento e radicalizzato.
Nel 2018, quando abitava a Ciriè nel Torinese, la Digos aveva sequestrato nella sua casa istruzioni su come preparare un camion bomba. Nell’ordinanza del Gip Ambra Cerabona del 2018 si leggeva che, durante il periodo di monitoraggio, Halili frequentava due phone center a Torino, dove visionava numerosi video di propaganda ufficiale dell’Isis e si collegava a siti jihadisti, come Jiadology, che promuovevano decapitazioni, mutilazioni e attacchi suicidi, utilizzando quei filmati violenti per rafforzare il suo credo e per seminare odio tra altri adepti o contatti raggiunti tramite il web.
Uscito dal carcere nel luglio 2023, Elmandi trascorse gran parte del suo tempo nelle moschee della Pace e An Nour di Torino, dedicandosi alla preghiera, ma rifiutando di farlo con gli altri fedeli, accusandoli di non essere dei “buoni musulmani”. A dicembre, in un’altra moschea presso l’associazione culturale islamica “Dar As Salam” a Torino, Elmandi aggredì durante la funzione del venerdì l’imam Ahmed Md Maruf. Prima gli urlò in arabo “ipocrita, perché non mandi i musulmani a combattere in Palestina contro Israele?”, per poi colpirlo violentemente con pugni al volto e al torace.
Il vicepremier Matteo Salvini ha sottolineato sui social che «la vigilanza contro l’estremismo islamico dovrebbe essere la priorità per ogni governo europeo». Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha commentato che «questo arresto premia l’impegno e la professionalità delle nostre forze dell’ordine e delle agenzie di intelligence nella continua attività di monitoraggio e prevenzione della minaccia terroristica nel nostro Paese». Inoltre, il sottosegretario della Difesa, Matteo Perego, ha spiegato che l’allerta resta alta, dal momento che «la possibilità che intervengano dei lupi solitari c’è sempre, e quindi dobbiamo stare attenti che non si infiltrino in manifestazioni sotto la bandiera palestinese con intenti differenti».
Stefano Lovi – PhD student