Al Jaazera e il diritto israeliano
- 22 Aprile 2024
La legge recentemente approvata dal parlamento israeliano, il Knesset (il cui sito, mentre si scrive questo testo, risulta in manutenzione), preoccupa l’Ue, perché conferisce al governo poteri temporanei per impedire ai network stranieri di operare in Israele per motivi di sicurezza.
Si tratta di una sorta di legge- provvedimento, con l’obiettivo, presumibilmente, di chiudere la Tv del Qatar, Al Jazeera.
Due giornalisti della TV qatariota sono stati da poco liberati in Egitto, a seguito della distensione dei rapporti con il Qatar. L’arresto era stato motivato con il sostegno dell’emittente alla Fratellanza musulmana (Hamas è considerato un’espressione estremista del movimento).
Il 3 maggio, Giornata mondiale della Libertà di stampa, sarà probabilmente pubblicata la nuova edizione del World Press Freedom Index, la classifica della libertà di informazione in 180 stati. Israele presumibilmente scenderà dalla posizione “media” occupata negli ultimi anni (media, non alta, perché già in precedenza non garantiva adeguate tutele ai giornalisti palestinesi).
Nello specifico la legge consentirebbe di chiudere un’emittente straniera che opera in Israele se danneggia la sicurezza dello Stato, autorizzando il ministro delle Comunicazioni a ordinare lo stop alla trasmissione dei canali tv, la chiusura delle redazioni israeliane, la confisca delle apparecchiature la messa offline del sito web, se il server è fisicamente situato in Israele, o di bloccare in altro modo l’accesso al sito.
Le emittenti straniere non potrebbero trasmettere per un massimo di 45 giorni, ma l’ordine di chiusura potrebbe essere rinnovato per altri 45 giorni.
È previsto un controllo giurisdizionale sulla decisione di chiusura, entro 24 ore. Il presidente del tribunale distrettuale ha tre giorni per decidere se revocare, modificare o abbreviare il tempo di chiusura.
24 ore è un termine che ricorre anche nell’articolo 21 della nostra Costituzione, ma in ben altro senso. L’articolo afferma il diritto alla libera manifestazione del pensiero, vieta autorizzazioni o censure per la stampa e afferma che si può procedere a sequestro soltanto “per atto motivato dell’autorità giudiziaria” nel caso di delitti- per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi- o per violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. Solo in caso di assoluta urgenza, e di impossibilità del tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e mai oltre ventiquattro ore, appunto, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non convalida il sequestro nelle ventiquattro ore successive, s’intende revocato e privo d’ogni effetto.
Ovviamente, se il denominatore comune è il termine di 24 ore, la differenza fondamentale è data- oltre al fatto che la nostra Costituzione parla di stampa, e la legge israeliana di emittenti tv- dal fatto che il sequestro in Italia può essere disposto dall’autorità giudiziaria e, solo in casi eccezionali, dalla polizia con successiva convalida entro il giorno dopo da parte di un giudice. Mentre nella legge israeliana la chiusura può essere disposta dall’autorità amministrativa, ed è soggetta ad un controllo giurisdizionale successivo. Il che è ben altra cosa. Di norma, in uno Stato di diritto la polizia, senza un mandato di un giudice, non può fare quasi niente.
La crisi politica interna in Israele è in corso da tempo, e in questo momento di tensione si inquadra la scelta relativa alla possibilità di chiudere un’emittente straniera. Nelle piazze Tel Aviv, Gerusalemme, Beer Sheva, Haifa, si chiedono le dimissioni del premier, per la questione ancora irrisolta degli ostaggi.